Spada, confermata la condanna per la testata al giornalista

L'esponente della famiglia Spada colpì il reporter mentre lo intervistava l'anno scorso, nella condanna in Appello è stata confermata l'aggravante mafiosa

ROMA – E’ stata confermata in Corte d’Appello la condanna a 6 anni di reclusione per Roberto Spada per la testata a Daniele Piervincenzi, il giornalista del programma Rai ‘Nemo’. L’esponente della famiglia di Ostia è stato ritenuto responsabile dei reati di violenza privata e lesioni aggravate dal metodo mafioso. Stralciata dal processo la posizione del guardaspalle di Spada, Ruben Nelson Del Puerto, che aggredì l’operatore Edoardo Anselmi mentre filmava il servizio di Piervincenzi. L’udienza per lui si terrà il 6 marzo prossimo.
I giudici: la testata fu un atto mafioso
Quella testata data a favore di telecamera fu un atto mafioso quindi anche per i giudici d’Appello. Quella aggressione avvenuta nella roccaforte del suo clan, a Ostia, rientra nelle dinamiche criminali tipiche della malavita organizzata come Cosa nostra e ‘Ndrangheta. L’Appello ha confermato la decisione dei giudici della IX sezione che hanno inflitto, lo scorso 18 giugno, sei anni di reclusione a Roberto Spada. Il fatto si verificò il 7 novembre dello scorso anno. I giudici già in primo grado hanno accolto l’impianto accusatorio del pm Giovanni Musarò che da subito contestò i reati di violenza privata e lesioni aggravate dal metodo mafioso. Nel corso della requisitoria il pm ricordò che l’aggressione è stata ‘plateale e ostentata: Spada ha voluto dare un lezione ai giornalisti e ribadire il suo predominio sul territorio”.

Colpì il giornalista in modo plateale

Secondo la procura nel momento in cui “Piervincenzi continua a fare domande, Spada si accorge che la situazione sta diventando un boomerang. E prova a riequilibrare il prestigio del clan con i metodi violenti e tipicamente mafiosi che lui conosce meglio”. Per bloccare le domande del giornalista (sui rapporti del clan con Casapound) e per marcare i rapporti di forza in una zona controllata dal clan. “Se avesse inteso solo picchiare Piervincenzi senza fare cosa plateale e cercare un ritorno in termini di prestigio – sostenne il pm – Spada lo avrebbe aggredito all’interno della palestra, contando sul fido Rubén Alvez. Invece lo fa in strada, davanti a tutti, e soprattutto davanti alla telecamera, in modo plateale e ostentato. D’altronde, cosa c’è di meglio di una telecamera per acquisire quel tipo di prestigio da parte degli Spada?”.

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