Rinviato a giudizio Roberto Napoletano, ex direttore de Il Sole 24 Ore. Multa alla società di 50mila 300 euro. Condanne per Treu e Benedini

Accolto dal giudice la richiesta di patteggiamento di Donatella Treu, ex ad, e di Benito Benedini già presidente del quotidiano, entrambi accusati di aver commesso false comunicazioni sociali e aggiotaggio informativo

Foto LaPresse - Donato Fasano 04/03/2016 Bari (ITA ) News IDEE, PERSONE, IMPRESE E TERRITORI PER COSTRUIRE INSIEME IL "MANIFESTO DELL'INNOVAZIONE" Roberto Napoletano, Direttore Il Sole 24 ORE, Domenico De Bartolomeo, Presidente Confindustria Bari e BAT, Donato Iacovone, AD EY Nella foto: Roberto Napoletano IDEAS , PEOPLE , BUSINESS AND TERRITORIES TO BUILD TOGETHER THE " MANIFESTO OF INNOVATION " Roberto Napoletano, Director of Il Sole 24 ORE , Domenico De Bartolomeo , President Confindustria Bari and BAT , Donato Iacovone , EY AD Photo LaPresse - Donato Fasano 04 03 2016, Bari (Ita) In the pic: Roberto Napoletano

MILANO – Stangata per Il Sole 24 Ore: dovrà pagare una multa di 50mila 300 euro. L’ex direttore Roberto Napoletano, invece, è stato rinviato a giudizio. Condanne, invece, per Treu e Benedini.

Il processo

L’iter a carico di Napoletano, ora guida del Quotidiano del Sud, prenderà il via il prossimo 16 gennaio. A spedirlo a processo è stato il gup Maria Cristina Mannocci. E’ lo stesso giudice che ha accolto la richiesta di patteggiamento da parte di Donatella Treu ex ad de Il Sole, e di Benito Benedini, già presidente del quotidiano, entrambi accusati di aver commesso false comunicazioni sociali e aggiotaggio informativo. Non essendo state riconosciute loro le attenuanti generiche, sono stati condannati rispettivamente a un 1 anno e 8 mesi e a 300mila euro e a 1 anno e 6 mesi e 100mila euro. Mentre la stessa Società Sole 24Ore a una multa pecuniaria di 50mila 300 euro. Napoletano è assistito dall’avvocato Guido Alleva che a sua volta aveva chiesto il proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché non costituisce reato.

Le contestazioni

A Napoletano, Benedini e Treu i pm hanno contestato “di aver esposto nella relazione finanziaria semestrale al 30 giugno 2015, nel resoconto intermedio di gestione al 30 settembre 2015 e nel bilancio al 31 dicembre 2015, fatti materiali non rispondenti al vero, sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società” oltre che “sull’andamento economico, sulla vendita delle copie digitali e cartacee e sui ricavi ciò realizzando con una rappresentazione tesa sempre a sovrastimare i risultati di gestione del più significativo asset della società, in particolare i ricavi generati dalla vendita delle copie e la penetrazione nel mercato, anche mimetizzando le perdite maturate attraverso la aggregazione di idfferenti aree di business” Il tutta finalizzato ad “assicurare a se stessi e a terzi un ingiusto profitto”.

L’inchiesta

L’inchiesta, iniziata nel 2017, aveva praticamente creato un vero e proprio tsunami all’interno dell’amministrazione del quotidiano. Aveva preso il via contestando false comunicazioni sociali e appropriazione indebita (ipotesi di reato estinte) coinvolgendo l’ex direttore dell’area digitale, Stefano Quintarelli (già ex deputato di Scelta Civica), suo fratello Giovanni Quintarelli, il commercialista Stefano Poretti, Massimo Arioli (ex direttore finanziario del gruppo), Alberti Biella (ex direttore dell’area vendite) e Filippo Beltramini (direttore della società inglese Fleet Street News Ltd). Ma si tratta di un filone ‘chiuso’.

Gli accertamenti

L’indagine è stata coordinata dal pm Gaetano Ruta: stando alla tesi della procura, durante la gestione Napoletano, ci sarebbero state irregolarità amministrative e recavi gonfiati. Inoltre venivano falsificate le perdite aggregando ricavi di altri settori. Ed è così che “le percentuali di crescita, anche comparati con i risultati di altre testate, erano di fatto del tutto slegati dalla realtà economica”. Sarebbe stato inoltre anche alterato il titolo del quotidiano quotato in Borsa. Ecco perché la procura, dopo aver contestato l’aggiotaggio informativo, ha inserito nel capo di imputazione i vari comunicati del 18 marzo 2014 in cui c’erano le indicazioni in merito alla diffusione delle copie digitali del giornale, quelli del 19 marzo 2015 in merito ai ricavi consolidati del gruppo, e quello del 16 marzo 2016 sui ricavi dell’intero 2015 della società.

Il falso

Secondo la procura venivano fatti passare per fruttuosi i rapporti contrattuali con DiSource, Johnson, Edifreepress che invece facevano registrare segno negativo. Inoltre a partire dall’esercizio del 2013 “venivano trasferiti al quotidiano digitale i ricavi delle banche dati grazie all’offerta del quotidiano digitale in abbinamento agli abbonati di altri prodotti editoriali del gruppo senza alcuna maggiorazione del prezzo e senza alcun accordo contrattuale con il cliente al quale veniva lasciato inalterato il valore della fattura”. Ma le stesse fattura “sarebbero state regolarizzate solo a partire dal 2015 attraverso lo scorporo del prezzo del quotidiano”.

La simulazione

Ed è così che nel corso dell’esercizio 2015 “la vendita simulata di abbonamenti al quotidiano digitale a favore di grandi clienti, cui venivano concessi sconti e omaggi sulle spese pubblicitarie quale contropartita alla sottoscrizione dei suddetti abbonamenti che finivano per essere privi di un effettivo corrispettivo”. E, per ogni copia venduta “veniva retrocesso all’intermediario un importo superiore a quello fatturato. Ma anche le vendite erano fittizie: le copie cartacee distribuite da Johnson e Edifreep ress finivano al macero. Un rapporto quello tra Il Sole e questa società sempre in perdita”. Inoltre nello loro indagini gli inquirenti hanno scoperto che “a partire dal 2013 non era stata contabilizzata la cessione, con modalità sale and lease back, della Rotativa a favore di Mps L&F. L’accordo prevedeva l’impegno da parte del quotidiano di subentrare in un contratto di leasing. Valore dell’operazione 8 milioni 134mila euro”.

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