Lo Stato è un male necessario, ma resta sempre un male, amava ripetere uno dei padri della società aperta e liberale quale fu Karl Popper. La repressione che lo Stato esercita, in ragione dell’autorità di cui dispone, si manifesta ogni qualvolta l’autorità statale esorbita la delega ricevuta dai cittadini, fino a disconoscerne i diritti e limitarne libertà e prerogative. La Carta Costituzionale, la legge di tutte le leggi, nella prima parte detta appunto i principii generali ed i diritti inviolabili dei cittadini, i cosiddetti “diritti negativi” che non sono nella disponibilità di nessuna autorità. Banali esempi sono la libertà di parola, associazione, pensiero, godere della riservatezza, della inviolabilità del proprio corpo e la dignità della persona. Tutte prerogative intangibili che, in quanti tali, non sono nella disponibilità di nessuna autorità, pubblica o privata che sia. Una società è veramente libera quando le libertà ed i diritti negativi sono esercitati realmente dal singolo cittadino. Dalla gamma dei diritti inviolabili, garantiti ai singoli individui, si giudica la qualità dello Stato e se ne valuta la natura liberale e democratica. La nostra Costituzione, pur salvaguardando molti dei diritti e delle libertà sopra indicati, è figlia di molti compromessi politici tra due visioni, due culture politiche quasi egemoni (seppur solo all’epoca dell’adozione della carta): quella dei partiti di massa, quella Marxista dei Social Comunisti, e quella Cattolico liberale dei Democristiani (e dei partiti minori). Visioni in antitesi del modello di Stato, di economia, di società che portarono, inevitabilmente, ad “annacquare” col compromesso parlamentare, i tratti distintivi caratteristici dell’una oppure dell’altra visione politica. Nacque in tal modo una carta costituzionale che non attinse né ai valori delle libertà assolute, né alla preminenza del cittadino sullo Stato, come recita la costituzione americana di Filadelfia, né di converso ai valori dello Stato padre e padrone al nome del quale tutto è subordinato come la carta rivoluzionaria di Parigi. In un epoca nella quale si predica la cancellazione della cultura politica e dei saperi rinnegandone l’utilità per governare la Nazione, con il solo buon senso Grillino o Leghista, le ambiguità ed i compromessi contenuti nella Costituzione Repubblicana, fanno da sponda ai qualunquisti di ogni colore. Buttata via l’acqua sporca della partitocrazia, delle lotte e delle fedi ideologiche, ed il bambino della formazione politica e della militanza partitica, tutti possono affacciarsi al palcoscenico del Governo smentendosi ilgiorno successivo, per smentirsi ancora il giorno appresso. Questo credo sia la chiave di lettura, il dagherrotipo del bailamme nel quale è precipitato il contesto politico ed istituzionale nostrano. Una vera babele di idee estemporanee che vivono la vita breve di una dichiarazione stampa. Purtroppo l’ignoranza politica ha pervaso tutta la Nazione nella quale il rispetto dei diritti e delle libertà individuali sono un optional se non veicolate sui social network. Se così non fosse non si consentirebbe al Governo di violare il nostro corpo con l’obbligo del trattamento sanitario come la vaccinazione, seppure in assenza di reali pericoli epidemici. Uno Stato che crede di poter prevedere leggi secondo le quali la donazione di sangue e quella degli organi deve essere obbligatoria. Questo è di nuovo il tempo della confusione, ove si preferisce soggiacere allo Stato padre e padrone, che elargisce dei redditi senza lavoro, che rivendicare libertà e dignità di cittadini.