Traffico di droga, automobili e armi: Di Caterino conquista potere nel clan

Vincenzo Di Caterino 'o piattaro

CASAL DI PRINCIPE – La lunga militanza nel clan, i tanti anni già trascorsi in carcere, i contatti diretti avuti con i boss storici: tappe di una corposa carriera mafiosa che hanno portato, dopo essere tornati in libertà, prima Giovanni Della Corte, conosciuto come Cucchione, e poi a Nicola Pezzella, detto Palummiello, a ricoprire ruoli di vertice nel gruppo Schiavone. Sono diventati punto di riferimento per ciò che resta della mafia nell’Agro aversano. Tuttavia, stando alle indagini coordinate dalla Dda di Napoli, è Vincenzo Di Caterino, alias ‘o piattaro, ad aver guadagnato maggiore influenza negli ultimi anni nell’organizzazione criminale. Recenti attività investigative, condotte da carabinieri e polizia, hanno svelato la sua presenza in molteplici attività illecite: traffico di armi, smercio di droga e soprattutto il contrabbando di vetture di lusso schermato da società di autonoleggio compiacenti. Questi affari gli hanno garantito notevole ricchezza e la capacità di costruire una fitta rete di relazioni (che ha superato i confini provinciali).

Denaro e agganci

Nel contesto di una compagine malavitosa evidentemente indebolita da collaborazioni con la giustizia, arresti e confische, la disponibilità di denaro e gli agganci con altre realtà criminali rappresentano elementi che conferiscono reale potere a chi le detiene.
Di Caterino è in carcere dallo scorso novembre, accusato di associazione mafiosa. Sarebbe uno dei nuovi personaggi di spicco della cosca fondata da Francesco Sandokan Schiavone. L’indagine che lo ha portato cautelarmente dietro le sbarre ha preso di mira non solo la nuova struttura degli Schiavone, ma anche del gruppo Bidognetti, facendo scattare complessivamente 37 misure cautelari e tra i destinatari dei provvedimenti c’è pure Della Corte. Pezzella, invece, rilasciato dopo 20 anni di detenzione a febbraio, è stato ammanettato la scorsa settimana dalla Squadra mobile di Caserta per estorsione.

L’indagine


‘O piattaro è stato recentemente indagato dalla Dda di Napoli per i suoi legami con la famiglia Bardellino. Secondo il pubblico ministero Vincenzo Ranieri (che si sta occupando dell’inchiesta), Di Caterino, insieme a Romolo Corvino, avrebbe incassato parte dei proventi guadagnati dalle attività illecite condotte nel Basso Lazio da Calisto e Gustavo Bardellino, nipoti del boss Antonio, scomparso nel 1988 in Brasile (morte che ora è stata messa in discussione dagli investigatori). Le indagini e le informazioni date ai magistrati in questi mesi dai nuovi collaboratori di giustizia hanno anche rivelato presunti collegamenti tra Di Caterino e gli Spada, famiglia criminale attiva nella Capitale. Sono emersi pure suoi legami con Oreste Reccia, ex membro del gruppo Iovine (arrestato nel 2021 e già condannato con sentenza irrevocabile per mafia), e il suo presunto impegno profuso nel procurare armi a Della Corte (facilitandone anche l’ingresso nel mercato della droga). Le forze dell’ordine, inoltre, hanno documentato contatti indiretti anche con Dino Celano, coinvolto nel 2020 in un’indagine su ipotetici affari illeciti della famiglia Senese a Roma. L’arresto, eseguito a novembre, di Vincenzo Di Caterino (da considerare innocente fino ad un’eventuale condanna definitiva – principio che vale pure per Della Corte e Pezzella), dimostra che la Dda, nonostante la stagione della mafia sanguinaria sia finita, non ha mai abbassato la guardia. Anzi, ha continuato, a monitorare costantemente il territorio per individuare e neutralizzare chi sta dando forza al clan.
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