Traffico illecito di rifiuti, 14 anni di processo e 41 imputati assolti

Gli arresti nel 2003, il via al dibattimento nel 2007 e ieri il verdetto. Non colpevoli di associazione a delinquere, prescrizione per i reati di gestione abusiva di ‘monnezza’ e disastro ambientale

S. CIPRIANO – Diciotto anni fa gli arresti: su circa 100 inquisiti, dieci indagati finirono in cella, 9 ai domiciliari e 20 impianti di trattamento di rifiuti vennero sequestrati. Numeri importanti di un’operazione sicuramente complessa, condotta dai carabinieri del Noe sotto il coordinamento della Procura di Napoli. Quell’attività investigativa aveva acceso i riflettori su un presunto traffico illecito di rifiuti che dal Nord sbarcava in Campania per riempire cave e terreni. Nel 2007 il giudice Pasquale Paolo Laviano diede il via al processo per 41 imputati. E ieri è arrivata la sentenza di primo grado. Tutti assolti dall’accusa di associazione a delinquere e prescrizione per gli altri reati contestati (che vanno dalla gestione abusiva di rifiuti al disastro ambientale).

Ad incassare il verdetto di non colpevolezza sono stati Giuseppe Barone, 55enne di Napoli, Domenico Bortone, 63enne di Cesa, Daniela Bove, 45enne di Arpino, Tiziano Brembilla, Rocco Caggia, 47enne, Luigi Cardiello, 77enne di Roma, i maddalonesi Antonio e Luigi Caturano, Alberto Celestino, 53enne di Cervino, Francesco Chianese, 56enne di Cesa, Raffaele Coppola, 67enne, e Raffaele Diana, 55enne, entrambi di San Cipriano, Roberto Coppola, 42enne di Casal di Principe, Antonio De Sarlo, 52enne originario di Battipagla, Pierluigi Della Maggiora, 55enne di Capannori, Teresa Derrotti, Giuseppe Istria, 43enne di Casaluce, Giorgio e Salvatore Marmo, residenti a Pianura, Antonio Martino, 72enne di Atina, Antonio Mastracchio, 77enne di Casagiove, Vincenzo Parente, 48enne di S. Maria La Fossa, Fabrizio Pascucci, 55enne di Chiusi, Carla Famiglietti, 55enne di Fiumicino, Antonio Fontana, 52enne, e Nicola Fontana, 60enne, entrambi sanciprianesi, Fabrizio Gatto, 57enne di Aversa, Toni Gattola, 65enne di Sessa Aurunca, Marco Genovese, 41enne di Massa di Somma, Gianpiero Giaquinto, 51enne di Recale, Silvia Riccioli, Antonio Pepe, 59enne di Villa Literno, Maurizio Pierangelo, 60enne di Corinaldo, Basilio e Gennaro Polverino di Pianura, Elio e Francesco Roma, entrambi di Trentola Ducenta, Giovanni Scantone, Matteo Spreafico, 41enne di Cenate di Sotto, Nicola Vassallo, 59enne di Cesa, e Luigi Ventrone, 49enne di Teverola.

Il tribunale ha escluso l’aggravante mafiosa che era stata contestata a Bortone, Cardiello, Gattola, Vassallo e Diana. Quest’ultimo al momento si trova in carcere su ordine del gip del tribunale di Potenza per un’altra vicenda giudiziaria: è accusato dalla Dda di aver fatto parte di un’associazione a delinquere messa in piedi per gestire un presunto traffico illecito di carburanti. Ad assistere i 41 imputati gli avvocati Sabato Graziano, Ferdinando Trasacco, Romolo Vignola, Mario Griffo, Luigi De Vita, Giovanni Cantelli, Vincenzo Montanino, Claudio Lanzotti, Camillo Irace, Ettore Alberto Castelluzzo, Cesare Natalizio, Roberto Afeltra, Gianluca Sciaudone, Gino Ricciardelli, Angelo Raucci, Guglielmo Ventrone, Pier Nicola Palumbo, Rosa Cristiano, Letizia Giovannetti, Gaetano Marziale e Anna Gargiulo.

Gli inquirenti partenopei avevano sostenuto che gli imputati avevano messo in piedi un sistema criminale in grado di muovere illecitamente circa 40mila tonnellate di rifiuti per un conseguente giro d’affari di 3 milioni e 300mila euro. La ‘monnezza’ che arrivava dal Settentrione solo fittiziamente, secondo l’accusa, veniva lavorata presso impianti autorizzati. Ed invece sarebbe andata a finire direttamente nelle cave e nei terreni controllati da alcuni degli imputati. Tesi respinta dal tribunale di Napoli.

Il verdetto è stato letto. Giustizia (almeno quella di primo grado), quindi, è fatta. Ma con tempi oggettivamente enormi.
Se il dibattimento, durato 14 anni, ha dato dimostrazione di come la giustizia, in alcune circostanze, si dimostra lenta, eccessivamente macchinosa, ha pure confermato quanto sia difficile indagare sulla tematica ambientale. Pretendere che ogni inchiesta, indipendentemente dal tema affrontato, si traduca sempre in condanne, sarebbe barbaro e da forcaioli. Ma quando gli inquirenti puntano a far luce sul tema rifiuti (spendendoci tante energie), spesso il percorso avviato si conclude con un nulla di fatto. Come è successo nel 2013 all’inchiesta sul disastro monnezza in Campana, durante gli anni dell’emergenza, caratterizzati da ecoballe stoccate e abbandonate per troppi mesi, da discariche chiuse e inceneritori al palo. Ed è accaduto anche più recentemente con l’indagine sull’ipotizzato disastro ambientale connesso alla gestione di Parco Saurino a Santa Maria La Fossa da parte di manager e politici che avevano orbitato intorno al Consorzio Ce4. E la sentenza di ieri ha confermato questo trend. Nessun colpevole.

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