Si aspettava un passo avanti dell’Ue la premier Giorgia Meloni al suo debutto tra i leader al Consiglio europeo. E molte risposte sono arrivate in un vertice che ha voluto chiudere diversi capitoli prima della chiusura dell’anno. In realtà i punti più divisivi sono stati tenuti fuori dal tavolo dei leader e lasciati alle trattative degli sherpa degli Stati membri.
Via libera, dunque, all’accordo sulla minimum tax, la tassazione minima del 15% alle multinazionali decisa in sede Ocse, su cui la Polonia ha rimosso il suo veto, e su cui, riferisce il ministro delle Politiche europee Raffaele Fitto, l’Italia ha avuto un ruolo determinante grazie anche alla vicinanza politica della premier Meloni ai premier polacco e ceco, Mateusz Morawiecki e Peter Fiala – quest’ultimo della presidenza del Consiglio Ue – con cui si è incontrata prima del Consiglio nel summit dei conservatori Ecr. Sul price cap la partita sembra ormai quasi fatta, con il mandato dei leader al Consiglio Energia di lunedì prossimo a finalizzare il meccanismo di correzione del mercato del gas, alla cui approvazione sono legate anche gli altri due regolamenti sulle rinnovabili e gli acquisti congiunti.
Fitto confida sul fatto che si arrivi a una “definizione piena” del tetto al prezzo del gas su cui l’ex premier Draghi si era speso tanto. Anche gli olandesi parlano di progressi e confidano che lunedì “si possa arrivare a un compromesso”, a detta del premier Marc Rutte, più che altro perché gli conviene restare dentro all’intesa e spuntare un prezzo più per l’attivazione del meccanismo. In alternativa, fa intuire il ministro Fitto, non è escluso che si possa approvare il tetto a maggioranza qualificata. L’altra grande questione è quella migratoria, al vertice solo sfiorata nel capitolo sul Vicinato meridionale, ma che sarà trattato più ampiamente nel prossimo Consiglio, che forse potrebbe tenersi in una seduta straordinaria il 9 febbraio, prima di quello previsto per fine marzo.
“Un tema complesso su cui gli Stati membri hanno talvolta visioni differenti, ma sul quale è importante dare un segnale politico e un impegno chiaro da parte dell’Ue e, se necessario, anche ponendo il tema al centro di un vertice ad hoc”, ha dichiarato la premier, ribadendo che la tematica va affrontata sul piano strutturale. Ma anche nell’ambito della cosiddetta dimensione esterna con i paesi terzi e con i paesi partner del Mediterraneo, su cui la premier chiede una “visione strategica” e un summit tematico durante la presidenza spagnola del Consiglio Ue nella seconda parte del 2023.
Il messaggio che arriva da Bruxelles, insomma, è che questo sarà il prossimo tasto su cui l’Italia insisterà nell’Ue, una scelta politica che rischia però di far emergere i malumori degli altri paesi non di primo approdo che chiedono il controllo dei movimenti secondari e più responsabilità ai paesi di primo ingresso. Sull’Ucraina” siamo chiamati a confermare il nostro sostegno”, ha ricordato Meloni, “ma questo significa anche essere in grado di dare risposte efficaci al domino di conseguenze che questo comporta”.
Il vertice ha elogiato l’aumento di 2 miliardi dello European Peace Facility, con cui sono state inviate le armi a Kiev, e il prestito di 18 miliardi per il 2023, ma soprattutto i leader hanno visto il via libera del nono pacchetto di sanzioni, grazie a una riunione degli ambasciatori in parallelo che ne ha permesso l’approvazione. Luce verde dal vertice anche alla concessione dello status di paese candidato alla Bosnia Erzegovina e alla ricerca di una risposta all’Inflation Reduction Act degli Usa per favorire gli investimenti delle imprese europee.