Usa, 22enne nero ucciso da polizia a Sacramento: rabbia al funerale

TOPSHOT - Ian Jameson shouts as Black Lives Matter protesters march through the streets in response to the police shooting of Stephon Clark in Sacramento, California on March 28, 2018. Stephon Clark, an unarmed African American, was shot and killed by police on March 18th at his grandmother's home. / AFP PHOTO / JOSH EDELSON

Sacramento (California, Usa), 30 mar. (LaPresse/AFP) – Centinaia di persone hanno preso parte a Sacramento, in California, al funerale di Stephon Clark, il 22enne afroamericano disarmato che è stato ucciso dalla polizia il 18 marzo. Da quando in Missouri nel 2014 agenti uccisero a colpi d’arma da fuoco Michael Brown, 18enne nero disarmato e con le mani alzate, i riflettori sono rimasti accesi – seppure con diversi gradi d’attenzione – sui numerosi casi di afroamericani uccisi dalla polizia, accusata di abusi a sfondi razzisti da movimenti di cittadini e organizzazioni. Nel caso di Clark, gli agenti avevano ritenuto che il giovane rispondesse alla descrizione di una persona segnalata per aver rotto finestrini di auto e avevano temuto che fosse armato, scoprendo poi che l’uomo aveva invece in mano uno smartphone. Lo hanno ucciso con 20 proiettili mentre era nel cortile della sua abitazione, dopo averlo inseguito. I fatti sono stati ripresi dalle ‘bodycam’ indossate dai poliziotti e le immagini sono state diffuse online. Gli agenti sono stati sospesi dal servizio, mentre le indagini proseguono.

Al funerale è intervenuto il reverendo Al Sharpton, attivista per i diritti civili, che ha pronunciato un duro discorso. La cerimonia è stata occasione per nuove manifestazioni con cui è stata chiesta giustizia. Dopo l’uccisione del 22enne, Sacramento è stata teatro di proteste per giorni, sfociate anche in blocchi del traffico e scontri con la polizia. “Siamo venuti qui perché questo ragazzo oggi dovrebbe essere vivo, non permetteremo che il nome di Stephon Clark sia dimenticato sino a quando sarà fatta giustizia”, ha detto Sharpton. “Questa non è una ‘questione locale’, ammazzano gente in tutto il Paese”, ha aggiunto, riferendosi a un’affermazione della portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders, che quando le è stato domandato un commento sulla morte di Clark ha risposto di non potersi esprimere perché “questione locale”.

Decine di manifestanti, guidati da membri del movimento che si oppone alle violenze sugli afroamericani Black Lives Matter, hanno protestato davanti all’ufficio della procuratrice distrettuale Anne Marie Schubert, che dovrà decidere se incriminare i poliziotti. Controllati dalle forze dell’ordine, i dimostranti hanno esposto cartelli con scritte come ‘Incriminateli’ e ‘Niente giustizia, niente pace’. Poi hanno marciato verso il tribunale federale, dove era atteso un nuovo intervento di Sharpton. La polizia ha annunciato un’indagine del dipartimento di Giustizia statale, che dovrà tra l’altro indagare sul motivo per cui i poliziotti abbiano spento le bodycam subito dopo aver sparato.

Le autorità hanno sottolineato che Clark resta sospettato di aver rotto i finestrini delle auto, mentre il Los Angeles Times ha diffuso la sua fedina penale, che include casi di istigazione alla prostituzione e abusi domestici negli ultimi quattro anni, aggiungendo che attualmente l’uomo era in libertà vigilata per una rapina risalente al 2014. I leader locali insistono tuttavia sul fatto che quel che conta nell’uccisione del 22enne non sono i suoi precedenti penali, ma le circostanze del decesso.

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