Vietati i funerali del fratello dei boss Belforte

La decisione del Questore di Caserta per motivi di sicurezza. Antonio Belforte aveva 68 anni

MARCIANISE – Non è stato possibile celebrare in forma pubblica e solenne i funerali di Antonio Nicola Belforte, fratello maggiore dei boss Salvatore e Domenico. A stabilirlo è stato il questore di Caserta, Andrea Grassi, per motivi di sicurezza e ordine pubblico. Antonio Nicola Belforte aveva 68 anni: è morto nell’ospedale Cardarelli, a Napoli, dove era ricoverato da diverso tempo.

A differenza dei fratelli, leader della cosca dei Mazzacane e condannati all’ergastolo, non aveva precedenti per reati connessi alla criminalità organizzata. I funerali inizialmente erano stati previsti per le 17 di ieri: si sarebbero dovuti celebrare nella chiesa San Giovanni Paolo II, ma poco dopo la notizia del decesso, la Questura, analizzato lo scenario, ha preferito vietare le esequie pubbliche. Hanno pesato su questa scelta i legami familiari del 68enne. Ha inciso l’appartenenza ad una famiglia che ha seminato, negli anni scorsi, terrore in città e dalla quale il defunto non avrebbe mai preso le distanze.

Tra arresti, pentimenti e confische di beni eseguiti negli ultimi anni, la cosca dei Belforte ora risulta notevolmente indebolita. Ma le recenti scarcerazioni hanno riportato sul territorio alcuni dei pezzi da novanta del clan e anche diversi familiari dei leader mafiosi, circostanza che potenzialmente potrebbe innescare, questa è la preoccupazione degli investigatori, un processo di rinvigorimento dell’organizzazione mafiosa. E il funerale di un congiunto dei boss avrebbe potuto rappresentare l’occasione pubblica per simboleggiare questa potenziale volontà di rinascita malavitosa.

L’ultima inchiesta che ha coinvolto esponenti dei Mazzacane è stata quella condotta dai carabinieri della stazione di Marcianise, che ha smantellato la fitta e ampia rete di pusher guidata da Giovanni Buonanno, figlio di Gennaro, alias Gnucchino, storico esponente dei Belforte. Il gruppo di spacciatori che Giovanni, ora collaboratore di giustizia, avrebbe messo in piedi sarebbe stato in grado di gestire per diversi anni le principali piazze di spaccio della città, oltre a riuscire a mettere radici, sempre nel business della droga, pure a Milano.

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