Sardegna, Coldiretti: Arriva dopo 10 anni legge su canoni acquacoltura

Milano, 14 mar. (LaPresse) – “Dopo dieci anni arriva finalmente la legge regionale che disciplina i canoni demaniali per l’acquacoltura e la pesca sarde. Un risultato atteso dalle imprese ittiche che vedono finalmente sanata la stortura creatasi a livello nazionale nel 2004 a seguito dell’abrogazione di alcune norme”. Lo sottolinea in una nota Coldiretti Sardegna.

“La legge arriva a 10 anni di distanza. Era il lontano 2009 quando Coldiretti impresa Pesca avanzò questa modifica a favore dell’acquacoltura. Nel frattempo si sono avvicendati quattro assessori Regionali ed altrettanti dirigenti del Servizio Pesca.

In pratica, Coldiretti chiedeva alla Regione di disciplinare autonomamente in materia dei canoni demaniali per acquacoltura e pesca. La norma nazionale in materia era stata definita incostituzionale 10 anni fa dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato e aveva creato una disparità incredibile di trattamento sulla base della sola ragione sociale delle aziende: per le cooperative il canone annuo era di 500 euro, nel caso di Società di Capitali o di Persone invece il canone per la stessa area poteva arrivare a diverse centinaia di migliaia di euro l’anno”, si legge nella nota.

Nonostante l’autonomia impositiva in materia della nostra Regione grazie alle Norme di attuazione dello Statuto regionale, ad oggi la Sardegna era rimasta l’unica delle Regioni italiane interessate dalla questione a non aver disciplinato autonomamente la materia dei Canoni demaniali per acquacoltura e pesca.Per questo insistentemente Coldiretti impresa Pesca chiedeva dal 2009 alla Regione di legiferare. Anche a gennaio era stata inviata una lettera al presidente della Regione”, prosegue Coldiretti Sardegna.

“Salutiamo con soddisfazione questo provvedimento – sostiene Mauro Manca, responsabile di Coldiretti Impresa Pesca Sardegna – perché garantisce il ripristino di una reale parità di trattamento tra società che svolgono la stessa attività a prescindere dalla forma giuridica. Questa discriminazione era diventata insostenibile e stava portando un comparto dalle grosse potenzialità economiche ed occupazionali, sull’orlo del baratro”.

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