Accise ‘antiche’ sulla benzina, dall’Etiopia al Vajont: Salvini pronto ad eliminarle

Di questa proposta Salvini ne aveva fatto uno dei suoi cavalli di battaglia in campagna elettorale, ritenendo le accise un anacronistico balzello

Foto LaPresse - Vince Paolo Gerace 10/11/2017 - Milano (MI) Cronaca Milano, distributori di benzina in centroNella foto: distributore di benzina IP in Via Visconti Vimodrone
ROMA (Mino De Vita) – “Saranno cancellate le più antiche”. Per ora quello del sottosegretario all’economia resta soltanto un annuncio. La speranza, invece, è che vada oltre i comuni proclami. Il governo è intenzionato ad affrontare l’annoso problema delle accise in Italia e già nella giornata di domani dovrebbe essere presentata una proposta per abbassare i costi del carburante.
La battagli di Salvini
Di questa proposta Salvini ne aveva fatto uno dei suoi cavalli di battaglia in campagna elettorale, ritenendo le accise un anacronistico balzello.
Infatti, sugli automobilisti italiani gravano antiche spese dello Stato: tra queste troviamo il finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935 e della crisi di Suez del 1956.  Inoltre, attraverso queste imposte, sono stati finanziati eventi legati a catastrofi, come le alluvioni del Vajont e di Firenze, i terremoti del Belice, del Friuli, dell’Irpinia e dell’Aquila e anche alle missioni di pace in Libano e in Bosnia.
Il peso di tali imposte influisce sul prezzo finale del carburante per più di 40 centesimi di euro al litro, l’obiettivo del governo è quello di riuscire a cancellare, per il momento, almeno le più datate per consentire un risparmio di circa 20 centesimi al litro.
L’ammontare dell’intero gettito, derivante da queste accise, è di oltre 25 miliardi l’anno; ovviamente, a tale mancato incasso il governo dovrà far ricorso a nuove modalità di prelievo.
Nella proposta del sottosegretario rientra anche la riduzione di circa 9 punti percentuali dell’Ires per le imprese che destineranno parte degli utili agli acquisti di beni  strumentali finalizzati allo sviluppo aziendale e per chi dovesse procedere a nuove assunzioni.
Anche le aliquote Irpef saranno riviste ed applicate sui redditi del 2019, mentre, per il biennio successivo, si procederebbe a una ulteriore riduzione o alla introduzione di una flat tax con più aliquote progressive.
Verso l’ampliamento del regime dei minimi
Inoltre, il governo sembra indirizzato ad un ampliamento del regime dei minimi, l’aliquota del 15% potrebbe essere applicata ai redditi che raggiungono i 65 mila euro, mentre per gli scaglioni successivi, l’imposta dovrebbe crescere del 5% fino a 100 mila euro di reddito.
Queste le indicazioni di massima del sottosegretario, ma il tutto dovrà essere discusso in sede di Consiglio dei Ministri nella giornata di domani, “ascoltando” quelli che sono i punti di vista del Ministro del Tesoro, cioè di colui il quale dovrà fare i conti con la realtà di cassa.
Ma ai pareri del responsabile  del tesoro bisogna aggiungere un altro soggetto importante; una volta si diceva che non si possono fare i conti  senza l’oste e, in questo caso, l’oste è la Commissione  europea.
Tra reddito di cittadinanza e pressione fiscale
Il governo sembra intenzionato a dar attuazione al contratto sottoscritto tra le due parti politiche contraenti che vogliono, da un lato, diminuire la pressione fiscale e, dall’altra, finanziare il reddito di cittadinanza: due operazioni che vanno in direzione contraria e con eguale intensità, lasciando, però, irrisolto il dilemma delle disponibilità delle risorse.
Bisognerà allora operare sforando il tetto del 3 % imposto dall’Europa, ma, per il governo italiano, sembra che tale vincolo non sia insormontabile.

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