Una spesa pubblica da ampliare: così si contrasta la crisi

di Raffaele Carotenuto

Una buona cosa il Covid-19 sembrerebbe averla fatta, ha messo d’accordo gli economisti su due fondamentali punti per una ripresa che già tarda a venire: recupero dei divari territoriali e allargamento della spesa pubblica. I contenuti del Next Generation EU andrebbero in questi sensi.
Sia gli studiosi più attenti alla stabilità finanziaria, attraverso la filosofia del patto di stabilità, quanto quelli di estrazione keynesiana, confluiscono sugli intenti del prestito europeo.
Il recente studio Bankitalia del luglio scorso riporta che in Italia la riduzione della spesa pubblica per investimenti è passata dal 4,6% al 2,9% del Prodotto Interno Lordo (2009-2019). Nel Mezzogiorno questa contrazione, nel medesimo decennio considerato dalla banca centrale italiana, risulta pari a meno 11 miliardi di euro (Fonte: Piano Sud 2030).

Chi dirige le banche in Italia conferma quanto già ammettono studi precedenti, ovvero: meno spesa pubblica equivale a meno PIL. E la minore ricchezza, in virtù del divario tra Nord e Sud, ha svantaggiato di più il Mezzogiorno. Se questa riflessione viene fatta dal Governo (Piano Sud 2030) e dimostrata da Bankitalia, perché vi sono ancora “resistenze” a superare l’austerità e a mettere fortemente in discussione i diritti dei cittadini, in cambio di niente?

Il debito pubblico italiano, in tutto questo, non ha mai smesso di diminuire, anche prima del Covid-19.
La filosofia del rigore finanziario, innanzitutto attraverso la stretta percentuale nel rapporto tra spese e investimenti, è miseramente fallita se serviva a ridurre i debiti pubblici dei paesi europei. La forbice maggiore si è acuita proprio nel decennio tra il 2009 e il 2019, in questo periodo il debito pubblico italiano ha staccato enormemente il PIL. Quindi, a fronte di sacrifici economici e sociali chiesti agli italiani, lo Stato comunque ha aumentato il suo debito, comunque ha investito minori soldi pubblici, comunque ha ridotto la sua ricchezza nazionale.

Sempre nel decennio oggetto di riflessione (2009-2019) gli interessi passivi sul debito pubblico pagati dall’Italia ammontano a 780 miliardi di euro. Un debito che finanzia il debito! Tutto questo non durante e dopo, ma molto prima del Covid-19.
La via è obbligata, il Prodotto Interno Lordo va portato a livelli superiori rispetto al debito, anno per anno. E per aumentare il Pil va fatta una politica espansiva, non esiste una terza via.
Se gli economisti di ogni estrazione universitaria e culturale dicono questo, allora bisogna crederci. Bisogna praticare questo campo economico: centralità dello Stato e regia pubblica per la spesa, efficacia delle opere infrastrutturali, centralità dei territori e controllo diretto degli enti pubblici.

Lo studio di Bankitalia chiude con una tavola (Tav. 1) che elenca tutti gli indicatori infrastrutturali (di base, economici e sociali), e mette in relazione le differenze tra le tre Italie. Fatta 100 la media tra le parti, il Sud è sottodimensionato per strade, ferrovie, porti e aeroporti, telecomunicazioni, rete elettrica e idrica, ospedali e rifiuti.
Ecco dimostrato come gli indici economici tra sud e centro-nord vivono misure diverse; contenuti che si riflettono sull’economia e finanche sulla salute fisica.
Un bambino che ha la possibilità di curarsi bene e correttamente perché gli viene messa a disposizione una rete sanitaria efficiente, che passa più tempo a scuola, che vive una normalità nei rapporti di comunità, che ha più opportunità rispetto ad infrastrutture materiali ed immateriali, produce più ricchezza, è più motivato a sacrificarsi in relazione agli altri, cresce in maniera sana e adeguata. Insomma, così facendo si struttura una società migliore, più efficace, più giusta, dove le giovani generazioni hanno a disposizione una infrastrutturazione sociale finalizzata al benessere e allo sviluppo economico.

Chi si sta macchiando di quel sottodimensionamento del Sud nei settori strategici dell’economia, sta decidendo chi deve vivere meglio e chi peggio, chi deve balzare in avanti e a chi far fare passi indietro. Chi deve avere un percorso esistenziale di diritto e chi mettere nella condizione di restarne fuori.
Il Sud sia artefice del proprio destino, non deleghi ad altri il proprio futuro.
Sarebbe sbagliato, codardo e perdente.

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