Lavori nei condomini del Litorale, il business della famiglia La Torre

MONDRAGONE – Se c’era qualche lavoro di ristrutturazione da fare nelle palazzine di Pineta Prisconte o in qualche altro condominio della zona, a decidere quale ditta incaricare sarebbe stata la famiglia La Torre. E’ la tesi messa nero su bianco dai carabinieri, coordinati dalla Dda di Napoli, nell’inchiesta che ha fatto scattare ben tre processi a carico di Francesco Tiberio, figlio del boss Augusto La Torre.
Le armi, lo spaccio di droga e le aste giudiziarie: sono i temi dei procedimenti in corso. Per lo smercio di narcotici e il possesso di fucili e pistole c’è già stata condanna in Appello, per le presunte ingerenze nelle vendite giudiziarie, invece, c’è solo il verdetto di primo grado. E in attesa che gli iter arrivino al terzo grado di giudizio, dall’attività investigativa svolta dai militari dell’Arma, se dovessero arrivare conferme da imprenditori o da ex criminali (che di recente hanno scelto di dialogare con i magistrati), il controllo dei lavori in alcuni condomini mondragonesi potrebbe rappresentare il potenziale argomento di un quarto filone giudiziario sui La Torre.
Emblematica per gli investigatori è una conversazione intercettata tra Paolina Gravano, madre del boss Augusto (scomparsa nel 2020) e Maria, una sua conoscente. Era il 2016. Le due parlavano di una riunione di condominio: “Adesso la domenica vengono tutti quelli della pineta… hai capito… E allora, chi gli manca una cosa, chi un’altra. Mio nipote non è un… non è ancora tanto bravo. E allora – spiegò la Gravano – mi tocca andare. Perché… se vogliono l’elettricista, vogliono l’idraulico, magari qualcuno vuole fare pittare… allora noi chiamiamo a chi diciamo noi. Non chi dono loro, hai capito? E poi – aggiunse la madre del capoclan – gli conviene pure perché se lo vogliono portare da fuori, devono pagare”.
Le parole delle Gravano e le altre prove raccolte spingono i carabinieri a ritenere che i La Torre siano stati, almeno nel periodo dell’intercettazione, avvezzi ad incassare illecitamente soldi dall’esecuzione dei lavori di ristrutturazione. Come? Grazie all’imposizione di ditte amiche e facendo pressioni agli amministratori dei condomini affinché scegliessero gli operatori da loro indicati

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