Riciclaggio per camorra e ‘ndrangheta: 18 arresti, 113 indagati e 131 milioni sotto sequestro

Colpitie le cosche campane D’Amico e Senese e le ’ndrine calabresi Mancuso e Mazzaferro.

Arrestati per riciclaggio per i clan a Roma
Arrestati per riciclaggio per i clan a Roma

Roma caput mundi, anche delle mafie. Roma ‘lavanderia’ delle cosche locali, dei clan napoletani e delle ’ndrine calabresi. Il più grande centro di riciclaggio d’Italia. E’ quanto ipotizza la Direzione investigativa antimafia, che ha condotto l’inchiesta culminata ieri mattina in un maxi blitz eseguito da 500 uomini delle forze dell’ordine. Tutti impegnati a eseguire un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 18 persone. Sedici in carcere, due ai domiciliari.

Un’inchiesta dai numeri da capogiro: in tutto sono 113 gli indagati, con un sequestro di tre società e di beni per 131 milioni di euro. Gli inquirenti hanno raccolto elementi su due associazioni per delinquere che attraverso una strategia di sommersione riciclavano ingenti profitti, infiltrando progressivamente attività imprenditoriali in apparenza legali in molteplici campi come la cinematografia, l’edilizia, la logistica, il commercio di auto e di idrocarburi.

Sono state costituite, ipotizzano gli inquirenti, numerose società ‘fittizie’ per emettere false fatturazioni grazie al supporto fornito, tra gli altri, da imprenditori e da liberi professionisti. Reati aggravati dall’aver agevolato i clan di camorra MazzarellaD’Amico, le cosche della ‘ndrangheta Mancuso e Mazzaferro e il clan Senese, partito da Afragola decenni fa e, ormai, egemone a Roma. Secondo le ipotesi, grazie alla partecipazione di numerosi soggetti appartenenti agli ambienti della criminalità autoctona romana e di matrice camorristica, sarebbe stata creata una complessa rete di società “cartiere” intestate a prestanome attraverso le quali riciclare ingentissime somme di denaro proveniente dai clan campani.

La prosecuzione delle indagini ha ipotizzato una convergenza di interessi di mafie storiche e nuove mafie, nel settore del commercio illecito degli idrocarburi. Gravemente indiziato quale capo e promotore di quest’altra organizzazione è Vincenzo Senese (figlio del boss Michele, alias ’o pazzo), insieme ad altri soggetti. Per gli inquirenti è emersa la riserva di violenza delle due associazioni, sia per la forza di intimidazione derivante dagli stretti legami con le organizzazioni criminali mafiose che per l’immediata disponibilità di armi da guerra e comuni da sparo.

Ordinanza in carcere, oltre che per Senese, per il boss di San Giovanni a Teduccio Salvatore D’Amico, per Umberto D’Amico (detto ’o puorc), per Alberto Coppola, più volte coinvolto nelle inchieste sul business illegale dei carburanti; carcere anche per Stefano De Angelis, Tiziano Gabriele, Pasquale Lombardi, Umberto Luongo del clan D’Amico, Roberto Macori, Daniele Muscariello (noto produttore cinematografico), Antonio Nicoletti (figlio di Enrico Nicoletti, ex cassiere della Banda della Magliana), i napoletani Giovanni e Salvatore Pezzella, Andrea Salsiccia, Alessandro Savioli, Andrea Seri.

Ai domiciliari Piero Monti e Angelo Calculli, ex manager del cantante Achille Lauro e dell’imprenditore e personaggio televisivo Joe Bastianich. Tra gli indagati anche Ferdinando ‘Nando’ Auriemma, 45enne di Caserta (già coinvolto in un’inchiesta sul carburante taroccato), l’ex calciatore Giorgio Bresciani (in forza al Napoli dal 1992 al 1994), Domitilla Strina, figlia di Anna Bettozzi, la ‘Lady Petrolio’ già condannata nell’ambito dell’inchiesta Petrolmafie.

Le indagini hanno permesso di appurare, insomma, che il clan D’Amico di San Giovanni a Teduccio, espressione del potente cartello dei Mazzarella, era di fatto entrato nell’economia illegale capitolina, così come le ’ndrine calabresi. I clan di mezza Italia riciclavano soldi a Roma: la più grande ‘lavanderia’ del Bel Paese.

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