Ordini da Sandokan jr ad Apicella: “Per gli appalti rivolgiti a ‘o Trick”

Le dichiarazioni di ‘Damigiana’ rese nel processo sui tentacoli del clan dei Casalesi distesi sui lavori pubblici e su Rfi. Ha parlato anche della spartizione delle quote sui contratti di quartiere

CASAL DI PRINCIPE – Gestire i lavori di sistemazione stradale, del valore di circa 600mila euro, coinvolgendo Vincenzo Schiavone, detto ‘o Trick: a dare questo ordine a Dante Apicella, alias Damigiana, sarebbe stato Nicola Schiavone, primogenito del capoclan Francesco Sandokan Schiavone. La circostanza, datata 2008, è stata riferita proprio da Apicella, ora recluso nel carcere di Trapani, nel corso del processo nato dall’inchiesta sui tentacoli che il clan dei Casalesi avrebbe disteso sugli appalti di Rfi e sulle sue ingerenze nel settore dei lavori pubblici riguardanti l’Agro aversano. “Nicola Schiavone mi disse che quando bandivano un appalto di 600-700mila euro dovevo accontentare ‘o Trick. Io gliel’ho fatto sapere e sono andato a parlare con Vincenzo Schiavone, che delegò poi me per fare gli interventi”. Apicella ha riferito di aver fatto, poi, concretizzare l’appalto alla Italiana Pietre, con sede a Orta di Atella. “Stabilimmo che il 19 percento fosse consegnato a Enzo Schiavone”.

Se Apicella conosce ‘o Trick è perché quest’ultimo, stando al suo racconto, aveva frequentato assiduamente Walter Schiavone, fratello del capoclan Sandokan. Ha pure riferito di essere stato dipendente ‘fittizio’ di una società di ‘o Trick, la Latek: “Mi servivano i contributi e mi feci assumere”.

Apicella, rispondendo alle domande del pubblico ministero, ha pure parlato dei lavori, eseguti tra il 2009 e il 2010, riguardanti i ‘contratti di quartiere’, tracciando un presunto sistema di suddivisione delle quote degli appalti che avrebbe coinvolto vari imprenditori, per un valore complessivo di 7 milioni di euro. Due quote, dice Apicella, sarebbero andate ai fratelli Diana, titolari delle società Disa e Di Geco, una sarebbe stata assegnata a Nicola Panaro, il quale l’avrebbe poi ceduta ad Apicella, “un’altra quota era politica e se l’è gestita Sebastiano Ferraro e Cristiano, il sindaco”, attraverso, afferma Apicella, “la società Cogesa di Vincenzo Corvino”, e infine un’altra quota, ha concluso ‘Damigiana’, sarebbe stata affidata a Nicola Schiavone ‘o russ, parente dell’omonimo figlio di Sandokan, tramite Raffaele D’Alessio di Frignano.

Apicella ha dichiarato che, prima ancora dell’aggiudicazione dell’appalto, lui e i fratelli Diana avrebbero consegnato un acconto di 140.000 euro a Nicola Schiavone. Ha poi aggiunto che i sempre i germani Diana avrebbero corrisposto al clan il 30% dell’importo dei lavori a loro affidati in cambio della concessione delle tre quote.

Le dichiarazioni di Apicella assumono un’importanza significativa perché forniscono dettagli precisi sulle presunte modalità con cui il clan dei Casalesi (sarà il Tribunale a decidere se sono vere o meno) ha esercitato negli anni scorsi la sua influenza nel settore degli appalti pubblici.
Damigliana ha inoltre riferito di aver assistito personalmente all’apertura delle buste delle offerte per le gare d’appalto, confermando che la procedura era pilotata grazie alla complicità di alcuni responsabili del procedimento.

Tra gli imputati a processo, dinanzi alla terza sezione penale, presieduta dal giudice Giuseppe Meccariello, ci sono i fratelli Nicola ‘o munaciello e Vincenzo Schiavone, Francesco Salzillo, Gennaro Diana, Salvatore Diana, Giancarlo Diana, Vincenzo Diana, Luigi Diana, Mario Diana e Luigi Belardo. Logicamente, gli imputati sono da considerare innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.
Apicella, coinvolto nella stessa inchiesta che ha generato il processo, è stato già giudicato in primo grado e condannato con rito abbreviato.

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