CASAL DI PRINCIPE – Era pronto a distendere i suoi tentacoli fino all’Agro aversano: il boss Antonio Mezzero, detto ‘o barone, voleva andare oltre il Basso Volturno, la zona che, per delega degli Schiavone, avrebbe dovuto controllare criminalmente. La geografia mafiosa che lo relegava tra Grazzanise, suo territorio d’origine, e Santa Maria La Fossa, complice il vuoto di potere che percepiva, non gli stava più bene. Gli arresti e le numerose collaborazioni con la giustizia avevano stravolto il clan: e cambiare, provare a scalare la piramide malavitosa, era diventata un’operazione abbordabile. Ma, fortunatamente, ‘o barone è stato subito fermato dai carabinieri.
Tornato in libertà nel luglio 2022, dopo 24 anni di carcere, Mezzero aveva subito deciso di piantare bandierine nell’area di Santa Maria Capua Vetere, dove aveva scelto di andare a vivere. Approfittando del vuoto di potere che percepiva, il mafioso, secondo quanto documentato dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, non si sarebbe fatto problemi a puntare a Casal di Principe. Qui, stando ad alcune conversazioni intercettate, un imprenditore noto a Mezzero stava per aprire un importante cantiere (per realizzare delle abitazioni). Nel maggio dell’anno scorso, durante un confronto con il nipote Michele, alias ‘o malese, il boss manifestò la volontà di procedere a una richiesta estorsiva: “Questo (riferendosi al costruttore) deve comunicare una fatica grande. […] A chi ci dobbiamo mandare…”. “A Casal di Principe?”, chiede Michele. “Sì. […] Sono puliti, non vanno sopra la caserma… ‘o scucciato (Davide Grasso, ndr)?”. “Oltre a lui, a chi si deve dire?” fa notare il nipote. “Lo mando là e il resto ce lo rendiamo noi, hai capito? Faccio il pensiero a Giannino, Alfonso e a noi una quota, in modo che domani non possono dire ‘Tonino si è preso tutto lui’, hai capito. […] Camminiamo con la testa alta”.
Insomma, ‘o barone era pronto a inviare Davide Grasso a chiedere il pizzo al titolare del cantiere aperto a Casal di Principe e a dividere parte dei proventi con tali Giannino e Alfonso. Per gli investigatori, Giannino sarebbe Giovanni Diana, cognato di Salvatore Nobis, alias Scintilla, uomo di fiducia del boss Michele Zagaria; Alfonso sarebbe Alfonso Cacciapuoti (in quel periodo era ancora in prigione). Di quest’ultimo, Mezzero attendeva con ansia la scarcerazione, confidando che, una volta tornato in libertà, avrebbe potuto dare più forza all’organizzazione. Ed è proprio di Cacciapuoti, storico capozona di Grazzanise, che Mezzero parla quando organizza un summit presso la sua abitazione a Santa Maria Capua Vetere con Elio Diana, altro esponente del clan dei Casalesi.
L’indagine che ha documentato questa presunta estorsione a Casal di Principe ha portato, lo scorso ottobre, all’emissione di 14 misure cautelari. Tra i destinatari, con l’accusa di associazione mafiosa, ci sono Antonio e Michele Mezzero e Giovanni Diana. Nel collegio difensivo gli avvocati Angelo Raucci, Alberto Martucci, Mauro Iodice, Carlo De Stavola, Paolo Di Furia, Raffaele Russo, Paolo Caterino e Paolo Raimondo, Non sono invece coinvolti in questa inchiesta, conclusa a giugno 2023, Elio Diana e Alfonso Cacciapuoti. Quest’ultimo è tornato in libertà a luglio dell’anno scorso.
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