S. CIPRIANO D’AVERSA – Affari, riunioni, chiamate, messaggi: c’è un intreccio forte tra l’Agro aversano e l’imprenditoria del litorale laziale. Una relazione già emersa negli ultimi venti anni in numerose inchieste. E a darne di nuovo prova è arrivata l’ennesima indagine, coordinata dalla Dda di Roma, che ha fatto scattare 9 misure cautelari. Tra i destinatari del provvedimento, emesso dal gip Francesco Patrone del Tribunale di Roma, c’è Nicola Diana, 67enne, già coinvolto nel processo Galassia (sul clan Iovine) dove rimediò un’assoluzione: ha solide radici a San Cipriano d’Aversa, dove ha ancora familiari, ma tempo addietro decise di investire a Pomezia. Ed è proprio qui che avrebbe commesso i reati, sostiene la Dda, che gli sono costati l’obbligo quotidiano di presentazione alla polizia giudiziaria. Il sanciprianese è accusato di tentata estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. Avrebbe minacciato in modo esplicito un imprenditore – dopo che aveva subito un raid di piombo al suo cantiere – per conto di Pasquale Lombardi e Walter Valle. Il sanciprianese e i presunti correi avrebbero agito per costringere l’uomo d’affari, che stava realizzando un complesso immobiliare a Pomezia, a cedere gradualmente un locale commerciale. Chi avrebbe dovuto riceverlo? Lombardi.
E proprio l’arresto di quest’ultimo, connesso a un’altra attività, bloccò – dice la Procura – quell’operazione. Questo episodio è connesso a un altro – sempre attenzionato dalla Dda di Roma – in cui sono coinvolti proprio Lombardi e Val- le, insieme ad altre 5 persone, tutte accusate di estorsione. Avrebbero costretto, ciascuno con ruoli diversi, quello stesso imprenditore – successivamente minacciato, dice l’Antimafia da Diana – affinché cedesse tre unità immobiliari del complesso situato in via del Mare, a Pomezia, a prezzi inferiori a quelli di mercato.
L’inchiesta che ha fatto emergere tali ipotizzate condotte prende le mosse da un contratto immobiliare del 2016 tra la vittima e Bruno Rea, 86enne romano, insieme al defunto Ezio Pascucci (anche lui era tra gli indagati). A seguito di un contenzioso legale per il mancato pagamento, Rea, sostiene l’accusa, avrebbe rivolto all’imprenditore minacce gravissime, arrivando a evocare la morte dei figli e della moglie per obbligarlo a non procedere con la causa. Nel 2019, gli investigatori registrano poi un raid armato che danneggia il cantiere della vittima.
Tra il 2018 e il 2021 si inseriscono nella vicenda anche Gaetano Mirabella, 74enne, Luigi Montegrande, 65enne, entrambi di Catania, Roberto Fiorini, 64enne di Alatri, e Francesco Mario Dimino, 59enne originario di Sciacca, determinati – secondo gli inquirenti – a recuperare un
presunto investimento da 600.000 euro fatto in precedenza da Pascucci.
Le minacce, poi, si moltiplicano: Fiorini si presenta come ex affiliato a gruppi criminali storici del territorio, mentre Mirabella viene indicato come legato al clan ‘Santapaola-Ercolano’ di Catania. Come detto, per Diana è scattato l’obbligo di firma; a finire in carcere, invece, sono stati Dimino, Mirabella, Montegrande, Fiorini, Nicoletti e Lombardi; ai domiciliari Rea e Valle. I nove indagati sono da ritenere innocenti fino a
un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile. Figure non tutte nuove alla cronaca casertana. Per quale ragione? Una di loro era emersa anche in una recente inchiesta, condotta dalla Dda di Napoli, che ha puntato a colpire le cosche Schiavone e Bidognetti operanti nell’Agro aversano. Si tratta di Mario Francesco Dimino.
Indagine sul clan dei Casalesi, summit ad Ostia: con Fioretto e Iovine spunta l’avvocato…
E veniamo così a un ulteriore elemento che collegherebbe la costa laziale a Casal di Principe e dintorni. I carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, nell’ambito delle indagini su Giosuè Fioretto (nella foto) – ex cognato del capoclan Cicciotto ‘e mezzanotte e per anni figura di riferimento della cosca – documentarono un summit in un lido balneare. Era il 22 novembre 2020. Fioretto si incontrò inizialmente con un avvocato di Sessa Aurunca presso l’area di servizio Casilina Est dell’autostrada A1; da lì i due si diressero insieme verso il lido “La Capannina da Pasquale”, sul lungomare Vespucci di Ostia, dove era in corso la festa di compleanno del siciliano Francesco Mario Dimino.
Secondo quanto riportato dai carabinieri, a quell’incontro era presente anche Salvatore Iovine (estraneo a quell’indagine), fratello di “Rififì” – esponente di spicco del clan dei Casalesi -. La riunione, secondo gli investigatori, sarebbe stata finalizzata a concretizzare un business già avviato nelle settimane precedenti
Altro elemento di congiunzione tra l’Agro aversano e il mondo della costa laziale è il cognome Nicoletti. Per quale ragione? È presente, in relazione a Dimino, negli elementi ravvisati dai carabinieri nell’inchiesta su Bidognetti e Schiavone, e ritorna in quella che ha portato alla misura cautelare per Diana. Dimino, evidenziarono nel 2020 i carabinieri di Caserta, era stato coinvolto in un’indagine insieme a Enrico Nicoletti, elemento di spicco della Banda della Magliana. Il Nicoletti finito in carcere pochi giorni fa – coindagato con Dimino e Diana – su ordine del Tribunale di Roma, è il figlio di Enrico.