Alla destra del nulla

Vincenzo D'Anna, ex parlamentare

Tempo di manovre nella piazza d’armi della politica: le elezioni amministrative si avvicinano ed annunciano, a loro volta, quelle parlamentari. Il Covid, la guerra in ucraina, la politica europea, l’incipiente  aumento della svalutazione, saranno, verosimilmente, i principali motivi di dibattito e di scontro. La gente però di questi tempi è in altre faccende affaccendate, incapace di seguire compiutamente le evoluzioni circensi di Salvini, Berlusconi, Meloni, dell’ex “rottamatore” Renzi e di Giuseppe Conte. Dando per scontato che quest’ultimo conta poco e conterà ancora meno in futuro, vittima egli stesso della frangia residuale del Movimento 5 Stelle, occorre focalizzarsi sul furto di democrazia popolare voluto dal suo partito, i 5 Stelle, che ha portato alla riduzione dei parlamentari di 300 unità. Una demagogia che ha sottratto agli Italiani un terzo della loro rappresentanza in nome di un misero risparmio in un mare di debiti ove da anni ci si barcamena alla meno peggio. Ben altre e più profonde sarebbero state, infatti, le economie licenziando enti inutili, aziende partecipate dello Stato deficitarie con i loro pletorici quanto inutili consigli di amministrazione che riservano posti ben remunerati a decine di migliaia di politici trombati e riciclati (se non organici ai partiti). Le menzogne grilline e gli italioti rancorosi e vili che, smanettando sui social, inneggiavano ai tagli delle “onorevoli poltrone” come panacea di tutti i mali, suscitarono un vasto moto di indignazione verso il Parlamento e i parlamentari creduti responsabili di ogni nequizia. Fu così che si ridimensionò la rappresentanza democratica popolare per lasciare in piedi le greppie parassitarie. Ora che si avvicinano le elezioni e i posti nelle Aule di Camera e Senato sono ridotti, c’è un’affannosa corsa alla candidatura per occupare i seggi rimanenti. La Nemesi storica non perdona e molti pseudo moralisti dovranno trovarsi un lavoro. Tuttavia, posti a parte, è in atto un repentino cambio di linea politica da parte di molti dei leader su indicati. Salvini e Conte si intendono nuovamente e fanno fronte comune sull’Ucraina alla quale prima bisognava dare tutto e subito, per consentirle di difendersi dalla vile aggressione russa, ora invece dissertano sulla tipologia delle armi di cui dotare l’esercito ed il popolo di Kiev. Armi difensive, poi armi a raggio di azione circoscritta, infine appelli alla pace disarmata che fanno ridere anche i polli che si allevano al Cremlino. Lo stesso per Forza Italia che si smarca dalla Lega e ancora Fratelli d’Italia che si smarca da entrambi. Di Renzi ormai si capisce poco o nulla e occorrerebbe la lingua dei segni per decifrarne le effettive intenzioni. Insomma: un progressivo bailamme che cambia ogni giorno fino a far sembrare Enrico Letta un pensatore ed uno statista, uno che, coerentemente, rivendica la saldezza e l’unicità dei propositi politici del suo Pd. Nel mentre la giostra gira, nel pastone giornalistico che i tg della Rai ci offrono tutte le sere, un evento di natura politica si sta svolgendo a Milano con la conferenza programmatica del partito di Giorgia Meloni. Scimmiottando Giorgio Almirante nei toni, nelle argomentazioni e finanche nella gestualità, la “pasionaria” della destra italiana tiene una relazione introduttiva nella quale, come era aduso il suo illustre maestro, ci avverte di quello che FdI non è e non potrà mai essere, saltando a piè pari uno straccio d’indicazione sulle tesi culturali, programmatiche ed i valori odierni del suo partito. Eppure, di recente, in una bella intervista, Marcello Pera ha indicato con chiarezza che la destra, nuova o vecchia che sia, dovrebbe trasformarsi in un moderno partito conservatore sul modello anglosassone e nord americano. Un partito che recuperi un’identità filosofica, politica e socio economica che faccia dell’Italia una nazione rinnovata su basi chiare di un riformismo comprensibile ed avveduto. Per questo, però, servirebbe un’economia liberata dai lacciuoli di mille adempimenti, dalle pastoie burocratiche, da una tassazione asfissiante ed iniqua, da un moto assistenziale e clientelare che nulla ha a che vedere con la vera solidarietà e la rete di protezione sociale da dedicare agli svantaggiati e non ai parassiti ed agli opportunisti di mestiere. Una scuola e una sanità che risuscitino le parole cancellate del merito, della capacità, della produttività, della concorrenza senza le interferenze dello Statalismo. Insomma: un parlar chiaro per trasformare i sondaggi in consenso per governare. Non basta l’etichetta di destra senza i contenuti. Non basta essere qualcosa intorno al nulla.

*già parlamentare

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