Baciamo le mani

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Vincenzo D'Anna
Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Vincenzo D'Anna

Quando la libertà ed i diritti di un solo uomo sono calpestati, sono in pericolo la libertà ed i diritti di tutti. Questa espressione troneggia al centro della dichiarazione dei diritti dell’uomo, rappresenta l’essenza del principio universale mediante il quale gli uomini hanno accantonato l’assolutismo del potere. Uno dei grandi filosofi del secolo dei lumi, Francois Marie Arouet, in arte Voltaire, fu tra i primi a disegnare le coordinate distintive della società libera, costruita sui diritti inalienabili dei cittadini, sulla tolleranza e l’imperio delle leggi a cui tutti avrebbero dovuto sottoporsi. Una società di uomini liberi, che godono di diritti non disponibili a qualsiasi forma di potere oppure di autorità costituita, se non per difendere e perseverava quei requisiti alla società stessa. Un concetto che Voltaire condensa nel famoso aforisma “Signore, non sono affatto d’accordo su quello che dite, ma darei la mia vita perché possiate continuare a dirlo”.

Quindi libertà e diritti sono garantiti anche dalla tolleranza del potere, dai limiti imposti dalle leggi, ovvero dallo stato di diritto. Un altro filosofo di stampo liberale, K.R. Popper, identifica un ulteriore segno distintivo delle società democratiche, come la critica a chi governa. Società nelle quali il potere cambia di mano per espressione della volontà popolare, senza violenza e spargimento di sangue. Ai Cittadini non preme tanto conoscere chi debba governare (lo stabilisce il voto popolare) quanto come controllare chi li governa. Quindi il rispetto delle minoranze e del loro potere di controllo, la possibilità di sottoporre i detentori del potere alla costante azione di critica e di verifica del loro operato. Un altro cardine delle società “aperte“ e’ costituito dall’azione diretta che possono esercitare coloro che sono esterni alla assemblee elettive, ai consessi amministrativi oppure parlamentari.

L’iniziativa referendaria è una di queste espressioni esercitate direttamente dal popolo per cancellare leggi oppure proporne altre. Ancora più incisiva è l’azione plurale della stampa libera. Quest’ultima fornisce informazioni e le commenta secondo determinati angolature e punti di vista, creando quella che si definisce opinione. Da questa diversità di opinioni nasce un potere di controllo e di verifica che influenza in maniera determinante l’azione amministrativa oppure legislativa. Contrastare tale libera espressione, creare condizionamenti, agevolare taluni in danno degli altri, significa limitare fraudolentemente l’esercizio democratico di poter formare libere e diverse opinioni.

Una lunga premessa per far comprendere, senza alcun equivoco, al lettore che molte e subdole sono le leve che il potere è in grado di utilizzare. Sia per blandire i commentatori favorevoli al proprio agire e, viceversa, per rendere difficoltosa oppure contrastare coloro che esprimono commenti non favorevoli. Non c’è politico che non giuri fedeltà al rispetto dei principi di libertà, democrazia, tolleranza ed imparzialità, alla trasparenza nell’azione amministrativa ed al rispetto del ruolo di coloro che si oppongono e dissentono. Una disponibilità spesso solo teorica, un infingimento che viene meno alle prime avvisaglie critiche. Prende allora il sopravvento sui buoni propositi l’inclinazione alla tracotanza, all’uso del potere e delle sue blandizie, delle minacce e dei contrasti verso chi non si sintonizza con il coro dei sostenitori.

Insomma la metamorfosi prende corpo sotto le insegne del potere, si amplifica allorquando le menti più deboli, si intossicano col fumo dell’incenso allorquando, tutta l’intendenza ed i beneficiati politici, spargono a piene mani sull’ara votiva del potente. Peggio ancora se si tratta di un solipsista parolaio, convinto di essere depositario di rari talenti realizzativi, asserragliato nel pretorio con il codazzo dei fedelissimi dal quale crede di poter cambiare le sorti dell’umanità. Insomma per fare un esempio: come il governatore della Campania Vincenzo De Luca che sproloquia incontrastato da una televisione privata con tanto di stemma e di bandiere istituzionali per torrenziali predicozzi. Sciabolate a chiunque si azzardi a contraddire le iperboli del duce salernitano che nulla trascura per sedare critiche e contrasti.

Finanche la piccola furbizia (udite udite) di escludere questi editoriali dalla rassegna stampa regionale! Esempio di un Cesarismo che nulla ha a che fare con quello descritto da Gramsci, ma di foggia rurale. Un malinconico esempio di come alle nostre latitudini alle parole magniloquenti seguano nei fatti piccole e misere furbizie. Il potente che indossa una coppola storta da gradasso e chiede un costante ossequio, un perpetuo “baciamo le mani”.

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