Brexit, Theresa May rinvia il voto del Parlamento sull’accordo

Intanto la profonda incertezza che circonda ormai l'iter di divorzio di Londra dall'Ue ha fatto sprofondare la sterlina. Intorno alle 17 ora italiana, si cambiava a 1,2527 dollari, il livello più basso da aprile del 2017

In foto Theresa May

LONDRA (LaPresse/AFP) – È caos sulla Brexit. A 24 ore dall’atteso voto del Parlamento del Regno Unito sull’accordo di uscita dall’Ue, la premier britannica Theresa May ne ha annunciato il rinvio senza fissare una nuova data. Certa di subire una sconfitta, viste le preoccupazioni sollevate da tanti deputati sul nodo dell’Irlanda del Nord, May ha scelto di posticipare la votazione della Camera dei Comuni. Inizialmente in programma per martedì.

Giovedì è previsto un summit con l’Ue

Poco dopo l’annuncio, Donald Tusk ha convocato un Consiglio europeo sulla Brexit per giovedì. Ma ha chiarito: “Non rinegozieremo l’accordo, backstop compreso”, tuttavia “siamo pronti a discutere di come agevolare la ratifica del Regno Unito”.

Con il divorzio fissato per il 29 marzo del 2019, sull’accordo sulla Brexit May potrebbe giocarsi il futuro politico. Numerose le critiche in aula: “Se la prima ministra non può rinegoziare un accordo” sulla Brexit, allora vada via, ha detto il leader laburista Jeremy Corbyn, accusando May di avere “perso il controllo degli eventi”.

Theresa May rinvia il voto del Parlamento

“Ritarderemo il voto”, ha annunciato May in un’aula in cui risuonavano fischi e applausi. “Ho ascoltato molto attentamente” i tre giorni di dibattito sull’accordo della Brexit ma è “chiaro” che restano “profonde preoccupazioni” sul nodo relativo all’Irlanda del Nord e, se messo al voto martedì alla Camera dei Comuni, l’accordo verrebbe bocciato, ha ammesso May.

“Prima del Consiglio europeo andrò a incontrare i miei omologhi degli altri Paesi membri” Ue a Bruxelles per “discutere con loro delle preoccupazioni espresse da questa assemblea”, ha assicurato la premier, ribadendo però che a suo avviso l’accordo raggiunto a novembre fra Londra e Bruxelles dopo 17 mesi di negoziati è “quello giusto”.

Brexit, la questione si complica

Per May, in ogni caso, “non è possibile nessun accordo che non includa” la controversa disposizione del backstop per l’Irlanda del Nord. Si tratta del nodo più contestato dell’accordo sulla Brexit: il backstop prevede che il Regno Unito resti nell’unione doganale Ue, ma con un allineamento regolamentare più marcato per l’Irlanda del Nord, nel caso in cui, al termine del periodo di transizione di 21 mesi dopo la Brexit, non venga trovato un accordo sulle future relazioni fra Londra e Bruxelles.

Il fronte di opposizione

A criticare questo punto dell’intesa sono sia i filo-Ue, che sperano ancora di ottenere una marcia indietro, sia i ‘Brexiteers’, che temono di rimanere ancorati all’Ue indefinitamente. May, in ogni caso, ha escluso l’ipotesi di un secondo referendum, sostenendo che un secondo ne chiamerebbe inevitabilmente anche un terzo.

Londra-Ue, il divorzio è certo?

La profonda incertezza che circonda ormai l’iter di divorzio di Londra dall’Ue ha fatto sprofondare la sterlina. Intorno alle 17 ora italiana, si cambiava a 1,2527 dollari, il livello più basso da aprile del 2017. Non c’è chiarezza infatti su cosa succederà adesso, tanto che May ha annunciato che l’esecutivo accelera i preparativi per l’eventualità di un no-deal, cioè di un’uscita senza accordo. Tutto dipenderà dalle garanzie aggiuntive che May riuscirà a ottenere a Bruxelles e da come saranno accolte dai deputati quando il testo sarà sottoposto al voto.

Le possibili conseguenze del ‘no’

Un no del Parlamento potrebbe portare al no-deal; in quel caso le relazioni economiche fra Londra e Ue sarebbero rette dalle regole del Wto e dovrebbero essere applicati d’urgenza una serie di controlli doganali. Ma non solo: dal punto di vista interno, il no della Camera dei Comuni potrebbe segnare la fine politica di May, con un voto di sfiducia all’interno del suo partito o addirittura dimissioni; oppure potrebbe verificarsi il caso di una mozione di sfiducia contro il governo, con la formazione di un nuovo esecutivo o elezioni anticipate, ipotesi questa che piacerebbe al Labour.

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