Carceri, luci e ombre. Serve una riforma radicale

È sotto gli occhi di tutti che, anche a causa dell’emergenza Covid, la situazione in cui versano gli istituti penitenziari italiani, salvo poche eccezioni, si discosta in maniera rilevante dai princìpi che regolano l’ordinamento penitenziario e da quella che viene considerata la “normalità istituzionale”. Alle ataviche problematiche, come il sovraffollamento e la carenza di personale, si è aggiunta negli ultimi due anni l’emergenza dettata dalla pandemia Covid-19, compromettendo la funzione rieducativa e risocializzante che si pone alla base del trattamento penitenziario.

Nel corso di questi anni, mi sono convinto sempre di più che quella dei Garanti è prioritariamente una battaglia culturale e che, in quanto tale, occorre insistere su un punto importante così sintetizzabile: la pena è un diritto della società che però presuppone un diritto delle persone detenute a essere trattate senza discriminazione.

È con questo spirito che il mio Ufficio ha affrontato anche nell’ultimo anno le questioni riguardanti il carcere nella nostra regione. Ciò perché la vita in carcere non può essere sospesa da nessuna emergenza, essa continua: con le sue speranze e con i suoi drammi.
E a proposito di drammi, mi è d’obbligo ricordare il sacrificio compiuto dagli operatori penitenziari che in piena emergenza hanno sempre garantito, nella stragrande maggioranza degli istituti della nostra regione, un andamento ordinario. Questo è un sacrificio che, solo nel biennio 2020 – 2021, ha fatto registrare a causa del Covid-19 la morte di 6 agenti di custodia, 6 detenuti e di un medico penitenziario operante nel carcere di Secondigliano (a cui purtroppo, occorre aggiungere l’ultima vittima del Covid che risale al mese di febbraio 2022).
Ho ritenuto di trattare per sezioni i punti principali in cui essa è articolata. Questa scelta, infatti, mi consente di trasmettere un quadro immediato della situazione del pianeta carcere e del panorama delle persone che a vario titolo, nella nostra regione, vivono una condizione di privazione della propria libertà personale. Ho cercato di fornire informazioni ma anche raccomandazioni sotto forma di proposte per ciascuna area tematica trattata, al fine di rendere questa relazione non solo una fotografia statica ma un punto intermedio di un percorso che intende stimolare sia la riflessione che l’azione del mio Ufficio e delle Istituzioni coinvolte. Fatta questa premessa di carattere metodologico, mi accingo a presentare alcune considerazioni, confortato dal fatto che esse potranno essere consultate in dettaglio nelle diverse sezioni che costituiscono il Rapporto 2021.

Preliminarmente, ritengo importante fare una panoramica sull’operato del mio Ufficio. Nell’anno 2021 sono pervenute 696 richieste di intervento, tra esse vi sono 526 lettere giunte attraverso la posta ordinaria, mentre tramite e-mail sono pervenute 73 comunicazioni da avvocati; 64 da familiari e 33 da associazioni/cooperative e soggetti dell’associazionismo. Per quanto riguarda gli interventi effettuati direttamente dal mio Ufficio, essi possono essere così riassumibili: 851 che riguardano l’assistenza diretta ai detenuti; 255 riguardanti gli interventi sanitari inviati alle diverse direzioni di competenza; 268 gli interventi di supporto al singolo detenuto fatti pervenire alle direzioni; 35 ai Magistrati di sorveglianza, 68 al Dipartimento amministrazione penitenziaria e 13 al Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria. Nello stesso periodo, il Dap ha risposto nel 55% dei casi, mentre il Prap tutte le volte che è stato interpellato, le direzioni sanitarie hanno evaso le richieste del mio Ufficio per il 30%. Si richiamano questi dati non certo per fini autocelebrativi, ma solo per fornire il senso delle attività svolte quotidianamente da un qualsiasi ufficio del Garante per detenuti.

Sul versante degli eventi critici, solo nell’annualità 2021, rileviamo 1.189 atti di autolesionismo, 829 scioperi della fame o della sete, 3.425 infrazioni disciplinari, 155 tentativi di suicidio e 6 suicidi rispetto ai 9 dell’anno 2020. Non c’è stata una strage grazie al pronto intervento degli agenti di polizia penitenziaria. Nell’arco del 2021, il mio ufficio (io e i miei 14 collaboratori volontari, autorizzati dal Prap ad entrare nei diversi istituti) ha effettuato complessivamente 1.007 colloqui, in tutte le carceri presenti sul territorio regionale.

In Campania la situazione al 31 dicembre 2021, rilevata attraverso i dati forniti dai 15 istituti penitenziari per adulti e dall’istituto penitenziario militare di Santa Maria Capua Vetere, ha fatto registrare 6.747 detenuti presenti (971 presenze in più di quelle previste). Rispetto alle 6.420 censite un anno prima, si nota, in questo caso, un aumento dei detenuti a livello regionale in linea con il dato nazionale.
Sul tema delle carceri occorre fare una riflessione sulla dignità di vita negli Istituti di pena e su una modifica radicale del sistema. Servono dei cambiamenti risolutivi delle politiche sulla giustizia, sulla sicurezza e sul sistema penitenziario, a partire dalla riapertura di un serio e puntuale confronto di carattere culturale e politico su temi sensibili come il rapporto tra la condanna e il recupero alla vita sociale del detenuto-cittadino, come il “perdono responsabile”, il rapporto tra detenuti e vittime di reato, l’utilità sociale del sistema carcerario, lo sviluppo delle pene alternative a quelle della detenzione, partendo anche dalla riqualificazione e dal miglioramento degli ambienti carcerari, della loro apertura ai territori circostanti, delle nuove opportunità di lavoro e di studio per i detenuti, che ne facilitano il loro reinserimento sociale e, in ultimo, la depenalizzazione di alcuni reati, passando per un sensibile miglioramento lavorativo del personale delle carceri, nonché per un aumento di figure sociali nelle carceri, sino all’abolizione delle carceri stesse. Tutto questo con l’obiettivo di garantire i diritti e la piena dignità umana per tutte e tutti.

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