SAN CIPRIANO D’AVERSA – Emilio Martinelli al vertice di una cosca criminale che ha agito in nome del clan dei Casalesi. E per il suo presunto ruolo di leader, ieri mattina, è stato ammanettato dagli agenti della Squadra mobile di Caserta, guidati dal vicequestore Dario Mongiovì. Ad ordinare l’arresto, su richiesta dei pm Maurizio Giordano e Francesco Raffaele, è stato il giudice Isabella Iaselli del Tribunale di Napoli. Martinelli, 30enne, alias ‘o barone, è accusato di associazione mafiosa. E’ il figlio di Enrico, esponente del clan dei Casalesi, ora al 41 bis, e già condannato all’ergastolo.
Gli elementi che hanno spinto la Procura di Napoli a ritenere che Martinelli, assistito dall’avvocato Domenico Dello Iacono, non solo sia organico ai Casalesi, ma che ricopra al suo interno anche una posizione di comando, sono stati raccolti nel corso di indagini, condotte dalla Mobile, tese a ricostruire il riassetto del clan avvenuto in questi anni (una riorganizzazione resa necessaria dai numerosi arresti subiti eseguiti e dall’ondata di pentitismo che lo avevano notevolmente indebolito).
Il gruppo Reccia
Nella prima fase era emersa la presenza di gruppo, formato da 6 soggetti, diretto da Oreste Reccia, detto Recchia ‘e lepre, prevalentemente attivo nel settore delle estorsioni e delle armi. E chi aveva fatto parte di questa gang venne catturato nel 2021 e ha pure già rimediato condanne in secondo grado (per Reccia il verdetto di colpevolezza è diventato anche irrevocabile). La Mobile è andata oltre: ha proseguito quell’attività riuscendo a documentare la perdurante operatività del clan dei Casalesi all’interno del quale, però, a seguito delle ulteriori misure cautelari che erano scattate, si erano registrati nuovi equilibri tra le fazioni. Ma si trattava di cambi che avevano interessato la base, in quanto a coordinare le azioni malavitose c’era solo stato un cambio generazionale: al vertice, infatti, erano rimasti i rampolli delle famiglie Schiavone e Bidognetti.
La scalata
Ed è in tale contesto che è spiccata la figura di Emilio Martinelli, figlio d’arte (criminalmente parlando): il 30enne a detta degli investigatori ora è il referente del clan per i traffici di droga e le estorsioni. E sotto la sua supervisione sarebbero ricaduti pure altri business cari al clan, come il noleggio delle auto e le truffe relativi al bonus 110 percento, che si svolgevano sul territorio di San Cipriano d’Aversa. La Mobile è riuscita, inoltre, a tracciare i profili dei suoi (presunti) principali collaboratori: si tratta di Gianluca Alemanni, 38enne, Luigi Annibale, 36enne, Marco Testa, 26enne, Remigio Testa, 56enne, tutti di San Marcellino, e Luciano Carpiniello, 62enne di Aversa. Anche a loro, come a Martinelli, la Dda contesta l’associazione mafiosa, ma, a differenza del figlio del boss, non sono state disposte misure cautelari. Martinelli jr e gli altri sono da considerare innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.
Annibale armiere e gestore della cassa del clan
SAN CIPRIANO D’AVERSA (gt) – Armieri ed estorsori: sono questi i ruoli che avrebbero ricoperto i sodali di Enrico Martinelli. Luigi Annibale, ha ricostruito la Squadra mobile di Caserta, era il gestore della cassa del clan e provvedeva pure a custodire le armi comuni e da guerra che erano a disposizione del gruppo. Marco e Remigio Testa, invece, erano gli addetti alle estorsioni. Stessa mansione svolta da Gianluca Alemanni e Luciano Carpiniello: e i soldi incassati dal pizzo venivano da loro versati a Oreste Reccia, alias Recchia ‘e lepre. Quest’ultimo, dicono gli investigatori, aveva affiancato Emilio Martinelli nella gestione della cosca, ma, come i Testa e gli altri, venne arrestato nel 2021.
Le condanne
Recchia ‘e lepre, dopo aver scontato una lunga condanna in prigione per la sua partecipazione al clan dei Casalesi, era tornato San Cipriano d’Aversa nel 2020 rituffandosi subito nel crimine. E per il suo ritorno all’attività mafiosa è stato pure già condannato con sentenza irrevocabile (non ha appellato quella di primo grado). Devono affrontare ancora la Cassazione, invece, gli altri 5 che avrebbero fiancheggiato Martinelli, già arrestati anche loro nel 2021 con Reccia: la Corte d’appello ha condannato a 3 anni e mezzo Marco Testa e a 5 anni e mezzo Remigio Testa. Ha inflitto, invece, 2 anni e 7 mesi a Luciano Carpiniello, 2 anni e 6 mesi a Luigi Annibale e 4 anni ad Almenanni.
Nella nuova inchiesta che ha portato in cella, ieri, Martinelli, ad Annibale viene contestata pure la detenzione illegale di armi da guerra e da sparo, tra cui un revolver marca Smith & Wesson, calibro 357 Magnum, un’altra modello 27-2, una semiautomatica Heckler & Koch, un fucile d’assalto Kalashnikov e una mitragliatrice Uzi.
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