È difficile dire se il rapido epilogo dell’amministrazione 5stelle al Comune di Avellino possa essere ritenuto una sorta di anticipazione di quello che potrebbe accadere sul piano nazionale. In questa fase di confusione sono troppi i segnali contrastanti per potersi avventurare in pronostici assertivi.
Tuttavia, se si prova ad unire alcuni punti, fatti dai diversi episodi che in un qualche modo si stanno susseguendo nei mesi, si può intuire una traccia comune.
I movimenti di protesta hanno una propria forza fino a quando hanno davanti l’obiettivo di contestare e abbattere un sistema. Ma nel momento in cui hanno raggiunto questo obiettivo devono affrontare la questione di trasformare la protesta in proposta. Il passaggio non è impossibile, ma non è semplice. Normalmente è facile alimentare illusioni, almeno quanto è facile che si trasformino rapidamente in delusioni.
Quale che sia la dinamica, lo sforzo di trasformare la protesta in proposta implica una crisi del tradizionale modo di essere. Non si può continuare a prendersela con qualcuno nel momento in cui si è al potere. E se si continua a farlo prima o poi, esplicitamente o
meno, si trasmette alla società e ai propri elettori uno stato di impotenza.
Questa crisi, direi comunque fisiologica, non è stata affrontata e risolta dai 5stelle. Permane l’atteggiamento di attaccare il passato (che però sarebbe appunto passato) e ad illudere sul futuro. Nella realtà dei fatti ciò che resta sguarnito è il presente ed i suoi problemi.
Non ha un respiro lungo questo atteggiamento. Tanto è vero che il gioco di essere governo ed opposizione, che aveva premiato inizialmente, adesso si sta rivelando un terreno paludoso e insidioso.
I detonatori di queste contraddizioni stanno diventando le diverse situazioni nelle quali il salto di qualità sul terreno dell’azione di governo è compromesso dalla incerta competenza degli esponenti dei 5stelle. Il cambiamento esige di una capacità di interpretazione nel
merito delle questioni che nella pratica non può essere sostituito da tante buone intenzioni e altrettanta approssimazione.
Ad Avellino in una certa misura si è verificata una situazione del genere. Peraltro, amplificata dalla circostanza che il candidato dei 5stelle aveva vinto al ballottaggio,
ma le liste avversarie avevano superato il 50% al primo turno: dunque, c’era una situazione di stallo, per la quale sarebbe stata necessaria una capacità di tessere
le fila tra le parti capendo la condizione bicefala del risultato elettorale. Ma di questi tempi va di moda l’autismo politico.
Forse il movimento 5stelle è entrato in crisi, ma ancora non ne ha preso coscienza. Se pure fosse così, però, resterebbe aperta la domanda sul dopo.
Ed è il vero tema politico che a mio avviso riguarda Avellino, per ora. Ed è la ragione per la quale personalmente avrei lasciato che questa vicenda si consumasse, invece di ricorrere alla sfiducia che offre un alibi nella pubblica opinione ai 5stelle.
Il tema del dopo è un passaggio molto delicato. Non siamo in una situazione bipolare, nella quale alla maggioranza che perde subentra l’opposizione; siamo in una situazione fluida, indefinita, mutevole, che ha sedimentato a tutti i livelli un’insoddisfazione verso l’esistente.
Paradossalmente se perde la maggioranza non è detto che se ne avvantaggi l’opposizione.
La questione sarà su come si interpreta questa spinta. O meglio come si interpreta in maniera alternativa all’indurimento delle posizioni securitarie e sovraniste. Perché il vero avversario oggi i 5 stelle lo hanno nelle stanze di governo, ed è la Lega.
L’ansia di sicurezza sociale e personale che ha determinato la scompaginamento politico attuale non si accontenterà per placarsi di prendere atto di essere stata illusa o tradita o male interpretata. Magari rifluendo verso posizioni politiche del recente passato. Più facile che si faccia catturare dalla suggestione dell’uomo forte.
Potrebbe essere però che questa ansia, tra meno tempo di quello che pensiamo, tolga a tutti gli alibi dietro i quali ci si sta nascondendo: i nuovi perché nuovi e i vecchi perché vecchi; e chieda una riposta politica fatta di mescolanza di due profili che sino ad oggi sono apparsi impropriamente alternativi: radicalità e ragionevolezza.