Comunali a Napoli, Manfredi gioca a ‘nascondino’

Sagra delle contraddizioni: “Sono juventino ma amo il Napoli, voglio governare ma senza debiti”

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 23-09-2020 Roma Politica Camera dei Deputati - Question time Nella foto Gaetano Manfredi Photo Roberto Monaldo / LaPresse 23-09-2020 Rome (Italy) Chamber of Deputies - Question time In the pic Gaetano Manfredi

NAPOLI – Gaetano Manfredi inaugura la sua campagna elettorale spiegando cosa non vuole essere, senza però illustrare un progetto chiaro di città. Nella sua presentazione al Circolo Artistico Politecnico di piazza Trieste e Trento dice di essere juventino, ma non troppo, di essere un professore, ma tra la gente, di voler diventare sindaco, ma senza sobbarcarsi la gestione dei debiti del Comune, di non fare parte dell’elite, ma senza rinunciare all’allure da ex rettore e continuando a onorare inviti che aveva ricevuto per quel titolo, di essere il candidato del centrosinistra ma per la sua prima uscita pubblica non ha voluto i leader locali dei partiti al suo fianco. Nella prestigiosa sede (sebbene insista nel sostenere di “non essere il candidato dell’elite”) si è presentato previa l’assicurazione della non partecipazione dei segretari e dei rappresentanti delle forze di coalizione, per dare l’immagine di un ‘sindaco civico’ che tanto sembra piacere a tutti gli aspiranti inquilini di Palazzo San Giacomo in campo. Nonostante ciò non mancavano alcuni rappresentanti di Iv, come Gabriele Mundo, Carmine Sgambati, Giovanni Palladino, e Apostolos Paipais.

Non mancavano gli ex Dema ora vicini a Sergio D’Angelo, che hanno incassato con larghi sorrisi l’apertura al dialogo dell’ex ministro. Prima di candidarsi si era tirato indietro Manfredi e per rompere gli indugi è stato necessario far intervenire i leader nazionali dei partiti e il governo con qualche promessa economica sul Comune di Napoli. Ora che è in campo le dichiarazioni pubbliche sono all’insegna della prudenza estrema, per usare un eufemismo. La campagna elettorale è cominciata all’insegna del tifo e Manfredi cade subito in contraddizione: “A me non piace né dire le bugie né fingere né essere ipocrita: io sono juventino, ma ho un grande amore per la città e un grande amore anche per la squadra. A casa mia c’è mio padre tifoso del Napoli. Io, invece, non è che sono un grande tifoso. Napoli-Juve non la guardo mai, mi tengo sempre un po’ a distanza da quella partita”. Juventino con la passione per il Napoli, che non guarda lo ‘scontro diretto’. Del resto sono tanti i milanisti che tifano anche per l’Inter e i laziali che adorano la Roma. Le questioni calcistiche, comunque, interessano fino a un certo punto. Il problema è che l’atteggiamento su altri temi non cambia: “Io candidato elitario? E’ una bufala: ho costruito la mia vita professionale partendo da una famiglia piccolo borghese. Sono definito il professore perché lo faccio e non me ne vergogno, però sono un professore tra la gente e continuerò a esserlo ancora di più adesso. Il barista o il pizzaiolo di San Giovanni mi conoscono meglio delle grandi elite internazionali”.

Dichiarazione chiara, limpida e risolutiva, nonostante la definizione di pizzaiolo di ‘San Giovanni’ che ha un sapore vagamente classista o, meglio, ‘elitario’? Niente da fare. “Però ugualmente conosco anche le elite perché senza di loro non si può costruire il futuro. Dobbiamo parlare a tutti al popolo e a chi decide”. E così Manfredi ha rivelato al mondo, dopo essersi candidato a democratiche elezioni, che non è il popolo che decide. Dei debiti del Comune, accumulati in almeno un ventennio di gestione di cassa ‘in rosso’, l’ex ministro non ha alcuna intenzione di occuparsi. Ed è subito scaricabarile: “Dobbiamo staccare la gestione del debito progresso con quella del futuro per evitare che tutte le energie siano poi tutte condizionate da questo. I due piani vanno sperati”. I debiti al governo, i soldi a me. Idea scaltra, così è decisamente più facile governare. La conferenza continua e si conclude con il classico appello alle ‘liste pulite’, con il no a formazioni ‘personali’ e con la promessa dell’attenzione per le periferie. E con il prevedibile coro di applausi (a distanza) dei partiti, dai dem ai 5 Stelle, fino ai socialisti. Che però si sono tenuti lontani da piazza Trieste e Trento. Giusto per chiudere il cerchio delle contraddizioni.

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