Confindustria: “Urgente il dl sblocca cantieri”. I sindacati: “Decreto smantella Anac”

Decisamente critica la Cna, secondo cui la legge "al di là dell'enfasi nominalistica, non scioglie i nodi sulla regolamentazione della materia"

Foto LaPresse - Mourad Balti Touati

ROMA – Il decreto sblocca cantieri rappresenta “un segnale di inversione di tendenza nelle politiche del Governo, nella direzione di una ritrovata attenzione alle ragioni della crescita economica”. Ma gli effetti “dipenderanno molto dall’efficacia e dalla semplicità delle misure. Nonché dai tempi della loro effettiva attuazione”. E’ il giudizio di Confindustria che al Senato, davanti alle commissioni Lavori pubblici e Ambiente, ha aperto il ciclo di audizioni sul decreto.

La linea di Confindustria

“L’ambito di intervento più urgente”, incalza Confindustria, “era e rimane lo sblocco delle opere già programmate e finanziate e che, tuttavia, risultano bloccate”. Un aspetto delicatissimo e fondamentale su cui, suggerisce l’associazione, si potrebbe intervenire durante l’iter parlamentare con l’adozione di alcune specifiche misure di sblocco.

Le perplessità dei sindacati

Anche per i sindacati il decreto presenta diverse criticità, come l’assenza di una norma “per l’utilizzazione degli investimenti. In quanto poco o niente è stato fatto per limitare i tempi dei processi autorizzativi e burocratici”. Di fatto, sottolineano Cgil, Cisl e Uil, le modifiche al Codice degli appalti, ndr non avranno “alcun impatto immediato sulle opere bloccate” in quanto interesseranno esclusivamente i nuovi bandi di gara con effetti tra 4-5 anni. L’assenza di un regolamento attuativo rischia di portare al “blocco del sistema degli appalti pubblici”.

La funzione dell’Anac

Non basta: l’abrogazione dell’obbligo del passaggio al Cipe per l’approvazione delle varianti alle infrastrutture strategiche previste dal vecchio piano della legge obiettivo, favorisce “pratiche opache, discrezionali e fuori da ogni controllo preventivo da parte delle stazioni appaltanti e della stessa pubblica amministrazione”. Tutto ciò mentre “si smantella il ruolo e la funzione dell’Anac come elemento caratterizzante di regolazione, indirizzo e prevenzione per quanto concerne il contrasto alla corruzione e all’infiltrazione delle mafie negli appalti”.

Le critiche della Cna

Decisamente critica la Cna, secondo cui il decreto “al di là dell’enfasi nominalistica, non scioglie i nodi sulla regolamentazione della materia. Limitandosi ad interventi mirati, non sempre idonei a conferire un nuovo e più appropriato assetto alla disciplina degli appalti. Per di più, su alcuni aspetti molto delicati per le piccole imprese si introducono modifiche di carattere peggiorativo”.

Le piccole e medie imprese

In particolare per le Pmi “servono al più presto correttivi, strumenti e soluzioni che evitino alle piccole imprese l’estromissione definitiva dal mercato degli appalti pubblici. La scelta di istituire la figura del commissario procede, invece, sulla strada giusta per rendere più fluido ed efficace il processo di rimozione degli ostacoli. Che finora hanno impedito l’avvio dei cantieri”.

La valutazione della Corte dei Conti

La Corte dei Conti invece ha acceso i riflettori sulla necessità di “di dedicare alle esigenze di qualificazione della spesa pubblica un impegno pari a quello rivolto alla scelta del miglior contraente”. E avvisa che con l’affidamento diretto dei contratti fino a 40mila euro “occorre considerare il rischio di sottrarne al mercato una percentuale significativa. Con conseguenti ripercussioni sulla tutela del principio di libera concorrenza”.

(AWE/LaPresse/di Antonella Scutiero)

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