Corinaldo, terminato con successo il primo Disconnect day d’Italia

Secondo Lavenia non riusciamo a resistere più di 10 minuti senza guardare il cellulare

A woman holds a smart phone with the icons for the social networking apps Facebook, Instagram and others seen on the screen in Moscow on March 23, 2018. A public apology by Facebook chief Mark Zuckerberg, on March 22, 2018 failed to quell outrage over the hijacking of personal data from millions of people, as critics demanded the social media giant go much further to protect privacy. / AFP PHOTO / Kirill KUDRYAVTSEV

ROMA – E’ da poco terminato il primo Disconnect Day d’Italia. Un vero successo quello di oggi a Corinaldo che getta le basi verso un uso più consapevole della tecnologia. «Non riusciamo a resistere più di 10 minuti senza guardare il cellulare. E lo maneggiamo circa 150 volte al giorno», ha dichiarato Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta e Presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te. che, insieme all’amministrazione comunale, ha realizzato il primo esperimento sociale sull’importanza della consapevolezza digitale.

In molti hanno accettato la sfida. Abbandonando il proprio smartphone per un giorno per dedicarsi ad attività e laboratori pensati ad hoc dagli esperti psicologi, psicoterapeuti ed educatori dell’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo) per adulti e bambini. Sono state 1181 le persone che hanno raggiunto gli infopoint sparsi per la città. Pronti a spegnere il proprio smartphone per lasciare il posto all’empatia e alle emozioni. Proprio a loro, alla fine della giornata è stato chiesto, attraverso un questionario, di raccontarci come hanno vissuto questa giornata di disconnessione.

Di questi, circa il 75% ha deciso di mettersi alla prova, 885 sono stati i telefonini sigillati nelle varie buste. Un 5% però, a causa di una sorte di sindrome di astinenza, non è riuscito a separarsi dal proprio smartphone. E ha sentito l’esigenza di riaverlo prima della fine della giornata. Una sfida non semplice, soprattutto per le nuove generazioni che si può dire abbiano imparato prima a digitare i tasti che a scrivere.

(LaPresse)

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