Covid: Oms intravede la fine della pandemia nonostante i casi record. Ema: “4a dose non serve”

Per la prima volta si intravede una tregua e sullo sfondo una plausibile fine della pandemia.

Foto AP / Peter Dejong

BRUXELLES – Per la prima volta si intravede una tregua e sullo sfondo una plausibile fine della pandemia. A dirlo è il direttore dell’Oms Europa, Hans Kluge, che ha delineato un quadro ottimista nonostante l’altissimo numero di infezioni. I casi rilevati nella scorsa settimana sono stati 12 milioni, un numero mai visto dall’inizio della pandemia nella regione europea dell’Organizzazione mondiale della Sanità (che comprende una vasta area dall’Atlantico al Pacifico con 53 paesi). Basti pensare che dall’inizio dell’anno è stato segnalato il 30% di tutte le infezioni Covid dall’inizio della pandemia. Una diffusione “in gran parte determinata dall’elevata trasmissibilità della variante Omicron” ma che non è coincisa con un’altrettanta pressione sul sistema sanitario come avvenuto nelle altre ondate. “Nel complesso, i ricoveri in terapia intensiva non sono aumentati in modo significativo e per ora il numero di morti in tutta la regione sta iniziando a stabilizzarsi”, ha detto Kluge. Motivi sufficienti per intravedere il raggiungimento del plateau e di una certa immunità nella popolazione. Si tratta, insomma, di un contesto nuovo quello delineato dall’Organizzazione mondiale della Sanità, una situazione che “lascia pensare alla possibilità di un lungo periodo di tranquillità e a un livello molto più alto di protezione della popolazione”. “Non voglio dire che sia finita ma ci sono tre elementi positivi che farebbero pensare bene”, ha precisato il direttore. E questi sono: l’ampia copertura vaccinale e immunità naturale acquisita, l’uscita dalla stagione invernale e la minore gravità della variante Omicron. Tutto ciò fa ben sperare, a condizione che si continui a vaccinare e mantenere alta la protezione della popolazione.

Procedere dunque con il ciclo primario e la terza dose. Perché al momento non ci sono prove sufficienti per raccomandare la quarta dose di vaccini alla popolazione generale, ha confermato l’Agenzia europea per i medicinali, che continuerà però ad analizzare i dati provenienti dagli altri paesi come Israele. Non destano particolari preoccupazioni le sottovarianti di Omicron che stanno emergendo, tra cui la cosiddetta BA.2. “E’ troppo presto per dire in che misura differisca da Omicron, ma rimane un ceppo strettamente collegato”, ha detto il responsabile dei vaccini e delle terapie dell’Ema, Marco Cavaleri. La buona notizia è che la pillola di Pfizer Paxlovid, ora disponibile anche in Italia, è efficace anche contro Omicron e le varianti di interesse: si può rivelare una potente arma per curare la malattia ma non può essere considerato “uno strumento di prevenzione”. “Un’aggiunta importante al nostro portafoglio di terapie perché è il primo antivirale orale approvato per la commercializzazione nell’Unione europea”, ha ricordato Cavaleri.

Da Bruxelles, intanto, è arrivata la proposta di estendere il Certificato Covid digitale Ue, il nostro green pass, di un anno. Il regolamento approvato in tempi record da Parlamento e Consiglio Ue è in scadenza il 30 giugno prossimo. Visto che il virus continua a circolare, anche con nuove varianti, e non si sa ancora per quanto, la Commissione europea si è mossa con largo anticipo per dare tempo ai colegislatori di non far decadere la validità del Certificato. Con il rinnovo del green pass, uno strumento nato con il fine di consentire i viaggi nell’Ue, l’Esecutivo Ue vorrebbe apportare anche alcune migliorie: includere test antigenici di laboratorio di alta qualità tra i tipi di test per i quali può essere rilasciato e garantire una corretta codifica delle dosi di vaccinazione per le persone che ricevono la vaccinazione in diversi Stati membri. “Attendiamo con ansia il giorno in cui non sarà più necessario – ha rimarcato un portavoce della Commissione -. Per ora dobbiamo assicurarci che gli europei possano viaggiare in sicurezza”.

di Fabio Fantozzi

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