Covid, un anno di sieri e 108 milioni di dosi: la corsa della campagna più grande di sempre

Un anno fa l'inizio della campagna vaccinale dava una nuova e definitiva chiave di volta nella lotta al Covid, con una sfida organizzativa di portata storica che si è dimostrata fondamentale per mettere in scacco il virus.

ROMA – Un anno fa l’inizio della campagna vaccinale dava una nuova e definitiva chiave di volta nella lotta al Covid, con una sfida organizzativa di portata storica che si è dimostrata fondamentale per mettere in scacco il virus.

Il 21 dicembre del 2020 l’Ema approva l’utilizzo del vaccino Comirnaty, prodotto da Pfizer-Biontech. Il giorno successivo l’Aifa dà l’ok all’impiego in Italia e, a dieci mesi dall’inizio della pandemia, l’attesa del siero finisce: il 27 dicembre del 2020, inizia in Europa, con il V-day, la più grande campagna vaccinale di sempre.

L’Italia, primo paese europeo colpito dalla pandemia, dopo essersi distinta per le severe, ed efficaci, misure di prevenzione messe in campo, ha diritto a poco più del 13% delle fiale acquistate da Bruxelles e si capisce subito che la partita delle vaccinazioni è legata, in modo imprescindibile, a quella della ripartenza.

All’inizio del 2020, coordina la campagna Domenico Arcuri. Le immunizzazioni partono, ma non decollano: i rifornimenti delle fiale procedono lenti, e si bloccano a più riprese. Inoltre montano polemiche sul progetto di costruire una serie di costosi hub e non esiste omogeneità tra le Regioni, che nelle somministrazioni vanno ognuna con passo diverso.

Con il cambio di governo e l’arrivo a Palazzo Chigi di Mario Draghi, Arcuri salta e al suo posto arriva, a inizio marzo, il generale Francesco Paolo Figliuolo: il nuovo commissario, comandante logistico dell’esercito, riorganizza la campagna con grandi hub per i quali vengono utilizzate strutture esistenti ben organizzate grazie a procedure già usate da esercito e protezione civile. È l’inizio della svolta: il numero delle dosi somministrate si moltiplica in modo esponenziale e nel giro di un mese si passa da una media di 100 mila a 300 mila dosi al giorno. Nonostante le difficoltà nei rifornimenti la campagna avanza, e cresce il numero dei sieri autorizzati: dopo Pfizer e Moderna, arrivano in Italia anche i sieri a vettore virale, AstraZeneca e Johnson&Johnson.

Il 10 giugno del 2021, muore a Genova, Camilla Canepa. Il decesso della ragazza, 18 anni, è dovuto ad una rara forma di trombosi attribuibile a una reazione al vaccino AstraZeneca somministratole due settimane prima.

Dopo la tragedia vengono fermate le somministrazioni del siero anglo-svedese, fino a quel momento riservate agli under 55. Riprendono poco dopo, ma raccomandate per i soli over 60, e la confusione sui vaccini a vettore virale segnerà una campagna costantemente bersagliata da paure e fake news, per le quali i social diventano una enorme cassa di risonanza.

Si arriva all’inizio di giugno con oltre 36 milioni di dosi somministrate e 12 milioni e mezzo di persone immunizzate (dato del 3 giugno 2021): il generale Figliuolo lancia ‘la spallata al virus’, che prende forma di lì a un mese con un’impennata delle somministrazioni, fino ad arrivare a una media di 530 mila al giorno. Nel mese di luglio vengono effettuate quasi 14 milioni di dosi, le Regioni tengono il passo con immunizzazioni che procedono a ritmo serrato, consumando quasi ovunque il 90-95% delle fiale consegnate. La parola d’ordine diventa ‘flessibilità’ e ai cittadini si chiede di completare prima possibile il ciclo vaccinale, senza proroghe dovute alle vacanze: i sieri si fanno anche nelle località balneari e l’estate si chiude con 2.862 punti vaccinali aperti e oltre 80 milioni di dosi effettuate.

In autunno le restrizioni legate a Green pass e super Green pass danno nuova energia alla campagna vaccinale che raggiunge l’8 dicembre 100 milioni di somministrazioni, mentre il 15 dicembre partono le immunizzazioni dei più piccoli, 5-11 anni.

“Lo sforzo fatto con la campagna vaccinale ci permette di stare in una posizione migliore rispetto al resto dell’Europa”, non si stanca di ripetere il ministro della Salute, Roberto Speranza, secondo il quale gli oltre 46 milioni di immunizzati, “non devono considerarsi un punto di arrivo ma piuttosto la partenza in una partita ancora difficile che richiede la massima attenzione”.

Intanto già si lavora all’aggiornamento dei sieri, la cui efficacia si teme venga messa a rischio dalle varianti del virus, prima tra tutte Omicron, l’ultima arrivata che, previsioni alla mano, sarà presto la più diffusa.

di Alessandra Lemme

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