Business delle pompe funebri, l’accusa del pentito d’Angelo

Business delle pompe funebri, l'accusa del pentito d'Angelo
Business delle pompe funebri, l'accusa del pentito d'Angelo

CASAL DI PRINCIPE – Riscuotere il denaro che le onoranze funebri mensilmente dovevano versare alla famiglia Bidognetti: è uno dei compiti che Carlo D’Angiolella avrebbe svolto per conto del clan. A riferirlo, lo scorso 21 marzo, al sostituto procuratore della Dda Maurizio Giordano è stato Vincenzo D’Angelo (nella foto in alto), alias biscottino, marito di Teresa Bidognetti e, da dicembre, collaboratore di giustizia. “Ho conosciuto Carlo nel 2012. Un giorno si presentò da me dicendomi che aveva da consegnarmi la posta recapitata a casa di mio suocero (il boss Francesco Bidognetti, ndr). Gli chiesi come mai e lui – ha raccontato il pentito – mi disse che era il compagno di Katia (la cognata di D’Angelo, ndr). Mi sorpresi perché non sapevo della separazione tra Katia e Giovanni Luberllo”. 

Da quel momento, i rapporti tra D’Angelo e D’Angiolella si sarebbero intensificati. “Il suo compito – ha chiarito il collaboratore – era quello di riscuotere i proventi societari da Pino Cerullo, Vincenzo Martino e dai Corvino, Giovanni ed Ernesto (imprenditori attivi nel settore delle onoranze funebri, ndr)”. 

Mensilmente il compagno di Katia Bidognetti avrebbe fatto avere a D’Angelo dai 5 ai 6mila euro. Nel 2014, però, la sua attività di riscossione venne bloccata: “I titolari delle pompe funebri – ha dichiarato D’Angelo – mi dissero che non era prudente che Carlo andasse da loro: lui, infatti, si era stabilito a Formia e poteva dare nell’occhio essendo tenuto a fare un viaggio ogni mese, per cui mi proposero di sostituirlo, dal momento che avrei potuto ritirare gli importi abitando nelle stesse zone dei titolari”. 

Dal 2014, quindi, sarebbe stato D’Angelo a raccogliere il denaro delle pompe funebri legate al boss Bidognetti. “Portavo la sua parte nella casa materna. Il ruolo di D’Angiolella di mero recettore delle somme di denaro è andato avanti fino al 2017, quando vennero arrestate sia Katia che Teresa”. 

Negli ultimi anni, D’Angiolella, stando alle informazioni rese da D’Angelo, si sarebbe dedicato allo spaccio di droga: “Dal 2017 al 2022, dato del nostro arresto – ha indicato il pentito – ha condotto insieme a Nicola Kader l’intera gestione di stupefacenti sui territori bidognettiani”. 

Le dichiarazioni di D’Angelo confluiranno nel processo che prenderà il via a giugno innescato dall’inchiesta, condotta dai carabinieri, tesa a smantellare le cosche Bidognetti e Schiavone riorganizzate rispettivamente da Gianluca Bidognetti, figlio del boss Francesco, e da Giovanni Della Corte. A giudizio, oltre a D’Angelo, D’Angiolella e alle rispettive consorti, ci sono altri 35 imputati, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, ricettazione ed estorsione.

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