Emergenza caldo, ecco i cibi che rischiano l’estinzione

Emergenza caldo, ecco i cibi che rischiano l'estinzione
Emergenza caldo, ecco i cibi che rischiano l'estinzione

NAPOLI – Il cambiamento climatico ha effetti devastanti sul nostro pianeta. Stando a quanto riporta in un rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) si prevede che l’aumento della temperatura globale comporterà riduzioni nette nei raccolti di mais, riso, grano e potenzialmente altri raccolti di cereali, e nella qualità nutrizionale del riso e del grano dipendente dalla CO2. Inoltre si prevede una perdita del 7-10% del bestiame da pascolo a livello globale per circa 2 °C di riscaldamento. La pesca e l’acquacoltura sono importanti per la sicurezza alimentare globale, ma stanno già affrontando rischi crescenti dovuti al riscaldamento e all’acidificazione degli oceani. Si prevede che questi rischi aumenteranno e avranno un impatto su organismi chiave come pesci e bivalvi (ad esempio le ostriche). Il trend potrebbe essere rallentato se ci orientassimo verso una gestione sostenibile del territorio e se fossero impiegati maggiori sforzi per limitare la domanda di terra, energia e risorse, anche attraverso cambiamenti nello stile di vita e nella dieta. Ad esempio attraverso la spesa che facciamo ogni giorno. Attualmente i dati non sono confortanti, anzi. Ci sono una serie di alimenti che sono “a rischio estinzione”: la domanda è crescente, ma il nostro pianeta non riesce più a sostenerla.

caffè e cioccolato

Gli scienziati che studiano i cambiamenti climatici e i loro effetti sul nostro pianeta hanno da tempo decretato che il caffè è in via di estinzione, e destinato a sparire nel 2080. Il motivo sono le elevate temperature dei terreni dove viene coltivato, che lasciano spazio a funghi e pesticidi che danneggiano le coltivazioni. In pericolo c’è anche il cioccolato che entro la metà del secolo diventerà sempre più raro e quindi costoso. Le alte temperature penalizzano la fertilità dei terreni in Africa dove le produzioni sono in calo.

CEREALI

Secondo i dati del 2019 del World Economic Forum la siccità e gli eventi estremi come le alluvioni comprometteranno la produzione dei principali cereali consumati, ovvero mais, grano e riso. La produzione crollerà a fronte però di un aumento della domanda del 33% nel 2050. Ovviamente questa condizione comprometterà anche i derivati, come la pasta.

ORZO E BIRRA

Sempre a causa della siccità e dell’aumento delle temperature la raccolta di orzo si ridurrà in modo sostanziale. Ovviamente ciò avrà delle ricadute sulla birra, in quanto il malto d’orzo è il principale ingrediente della bevanda. 

BANANE, CILIEGIE E VINO

In pericolo per il cambiamento climatico ci sono anche una serie di frutti, come albicocche, prugne, ciliegie, pesche, fragole e banane. Le gelate tardive primaverili già ne danneggiano la fioritura, e le abbondanti piogge e grandinate provocano la spaccatura dei frutti. 

Il nemico numero uno delle banane è invece la malattia di Panama, causata da un fungo. In pericolo c’è anche l’uva, e quindi il vino. Uno studio dell’Institut National de la Recherche Agronomique (Inra) annuncia che il56 % delle regioni vitivinicole nel mondo potrebbero scomparire a seguito di un aumento della temperatura di 2 gradi centigradi entro il 2050.

MIELE E SCIROPPO D’ACERO

Dopo i pesticidi il clima che cambia è uno dei maggiori pericoli per la sopravvivenza delle api e altri impollinatori. Ovviamente questa situazione ha effetti anche sulle produzioni di miele, che è sempre più ricercato. Stando ai dati del report Osservatorio nazionale miele nel 2020 in alcune zone d’Italia si è registrata una riduzione della produzione del 70-80%. Lo sciroppo d’acero viene realizzato con la linfa che viene spinta fuori dalla corteccia dell’albero grazie alla pressione provocata dal cambiamento di temperatura tra giorno e notte. L’aumento delle temperature mette a rischio tutto il processo. 

SALMONE

L’aumento delle temperature mette in pericolo anche i salmoni che nuotano in acque sempre più calde. Potrebbe estinguersi nel giro di pochi decenni, anche tenendo conto del crescente aumento della domanda che gli stock ittici non riescono più a sostenere.

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