Ex Ilva, i dubbi di Giorgetti: “Serve l’aggiornamento del piano industriale”. Ansia dei sindacati

"Seguo tutta la vicenda con estrema attenzione e in particolare i lavoratori che non possono essere presi in giro. In quest'ottica anche il piano industriale ha necessità di un aggiornamento", spiega il ministro dello Sviluppo economico

Foto Ufficio Stampa Ministero Sviluppo Economico/LaPresse03-03-2021 Roma - ItaliaCronacaGiancarlo Giorgetti incontra i sindacati (Cisl, Cigl, Uilm e Ugl) per discutere del dossier Ilva.Nella foto: Parti sociali al vertice con il ministro

ROMA – Ancora ombre sul futuro dell’Ex Ilva, ora al centro di nuove riflessioni dell’esecutivo. E i sindacati lanciano l’allarme: i lavoratori non possono aspettare ancora, non ci sono piani B. Per l’acciaieria più grande d’Europa è un altro giorno di passione. Al Mise il padrone di casa Giancarlo Giorgetti riceve le parti sociali con il collega del Lavoro Andrea Orlando e dopo un’ora di incontro il risultato non è certo incoraggiante.

“Seguo tutta la vicenda con estrema attenzione e in particolare i lavoratori che non possono essere presi in giro. In quest’ottica anche il piano industriale ha necessità di un aggiornamento”, spiega il ministro dello Sviluppo economico. E i 400 milioni che devono arrivare da Invitalia per adempiere all’accordo con Mittal? La rassicurazione è che saranno erogati prima del 13 maggio – data del pronunciamento finale del Consiglio di Stato – se dal Mef giungeranno le necessarie rassicurazioni nelle prossime settimane.

Gli obiettivi

L’obiettivo dell’esecutivo è “far lavorare l’azienda”, ma è evidente come il Mise voglia rivedere con grande cautela l’accordo siglato il 10 dicembre scorso, che prevedeva l’ingresso dello Stato all’interno di ArcelorMittal Italia. Quindi, spiega lo stesso Giorgetti, serve un cambio di passo con una “politica industriale” e non meramente finanziaria. Approfondendo il dossier “perché ci sono aspetti non chiarissimi”. In particolare va definito l’impegno dell’azienda nel processo di decarbonizzazione e la salvaguardia di un perimetro occupazionale che riguarda quasi 20mila persone.

Sindacati in allarme

“Il Mise ha manifestato preoccupazione rispetto all’accordo di del 10 dicembre che non dà chiarezza sull’impiego e sul vero rilancio”, spiega a LaPresse il segretario Fim Cisl Roberto Benaglia, che allontana l’ipotesi di chiusure. Perché “non ci sono piani B”. La Fiom con Francesca Re David ribadisce come il governo non sia “convinto” del piano industriale, mentre il leader Uilm Rocco Palombella chiede un segnale forte. “Basta scaricabarile tra i Ministeri. Sembra quasi che si voglia aspettare il giudizio del Consiglio di Stato per non per assumersi le necessarie responsabilità”.

La sospensione della sentenza del Tar

La data è ormai cerchiata in rosso sul calendario: il 12 marzo scorso il Consiglio di Stato ha disposto la sospensione della sentenza del Tar di Lecce. Con il conseguente ok alla produzione nello stabilimento di Taranto e negli impianti connessi. Il Comune di Taranto e la associazioni dei cittadini però non mollano e per il 13 maggio è attesa l’ultima sentenza. Se i giudici dovessero optare per lo stop all’area a caldo per problemi ambientali, l’Ilva potrebbe davvero dover chiudere i battenti, con uno tsunami occupazionale e giudiziario quantificabile in diversi miliardi.

Ma lo stabilimento non è la sola spina per il il Mise. Oggi quasi 150 lavoratori metalmeccanici sono scesi in piazza davanti al Ministero per chiedere la convocazione di tavoli urgenti per vertenze come Whirlpool, Embraco, Leonardo e Piombino.

(LaPresse/di Alessandro Banfo)

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