Governo, continua il tira e molla su Siri. La Lega chiede la rinascita delle province

Il premier Giuseppe Conte aveva detto che avrebbe visto il sottosegretario dopo la missione in Cina, ma così non è stato

in foto Luigi Di Maio e Matteo Salvini

ROMA – La palla viene calciata un po’ più in là. E chissà in quale porta andrà a finire. Il nodo su Armando Siri continua a non essere sciolto. La rapidità della soluzione, annunciata in un primo momento da Palazzo Chigi, lascia il posto a proclami e trattative sotterranee.

Tensioni tra Di Maio e Salvini

Il premier Giuseppe Conte aveva detto che avrebbe visto il sottosegretario dopo la missione in Cina, ma così non è stato. E ora inizia una nuova trasferta. E stavolta, con il premier, ci saranno anche i due vice Di Maio e Salvini, che su Siri hanno posizioni diametralmente opposte. Forse, il vertice bilaterale Italia-Tunisia porterà ad una soluzione.

Il caso Siri destabilizza l’esecutivo

Per uscire dall’impasse senza scontentare nessuno, sulla stampa era circolata l’ipotesi di un’autosospensione del sottosegretario ai Trasporti, indagato per corruzione dovuta ad una presunta mazzetta da 30mila euro, che avrebbe forse ricevuto in cambio di una legge sull’eolico, poi bloccata dal Movimento 5 Stelle. A peggiorare il quadro, ci sono le possibili ramificazioni mafiose del giro d’affari che premeva per la norma di favore.

L’ipotesi dell’autosospensione

L’idea dell’autosospensione, che non è prevista dalla legge ma lancerebbe un segnale, viene bocciata dal vicepremier M5S. “E’ un istituto che non esiste”, martella in conferenza stampa dalla Polonia. L’alternativa è semplice: le auspicate dimissioni, oppure restare in carica. Di Maio sottolinea che su temi come la corruzione e la mafia il Movimento non può fare passi indietro: “E’ come l’immigrazione per la Lega”, sottolinea ancora da Varsavia.

Il leader della Lega alza la voce

Il leader del Carroccio, però, sembra alzare un muro invalicabile: “I processi si fanno nei tribunali, non sui giornali e nelle aule del Parlamento, se siamo una democrazia”, spiega il leghista in un’intervista radiofonica. Ai 5 Stelle, parole di questo tenore ricordano il lessico berlusconiano. Anche il Cavaliere diceva così, “e mentre lo diceva, accomodandosi sulla lunghezza dei processi, lui continuava a mangiarsi il Paese”, attaccano.

I possibili scenari

Cosa accadrà? Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, leghista influente e sensibile al di far cadere l’esecutivo, si limita a dire che “ci sta pensando il premier Conte, ne parleremo al Consiglio dei ministri, bisogna essere ottimisti”.

In realtà, in vista delle Europee i terreni di scontro si moltiplicano. Il Carroccio vorrebbe prolungare i termini della pace fiscale (e ci proverà con un emendamento al Dl Crescita). Poi c’è il progetto leghista di far risorgere le Province, in modo da avere più rappresentanti dei territori. I pentastellati, però, non vogliono sentir parlare di nuove poltrone.

La linea del M5S e la proposta di Zingaretti

In questo contesto, il M5S pare sondare la possibilità di un “secondo forno” oltre a quello con la Lega, partner di governo con cui ha sempre più dissidi e sempre meno convergenze. Di Maio sventola quindi un manifesto in 5 punti, e tenta di collocarsi più a sinistra con proposte su acqua pubblica, conflitto d’interessi, salario minimo, taglio dei parlamentari, sanità slegata dalla politica.

Nicola Zingaretti, segretario dem, rilancia con una una sua cinquina di proposte: lavoro, investimenti , sviluppo sostenibile, scuola e (in quest’ultimo caso come i pentastellati) sanità. Il vicepremier, sollecitato dai giornalisti, ribadisce comunque che la sua proposta è indirizzata all’alleato di governo.

Insomma, se quello tra Pd e M5S non è un dialogo, almeno è un confronto. Probabilmente se ne rende conto anche Silvio Berlusconi, che profetizza: il 26 maggio il M5S scenderà sotto il 20%. A quel punto, il leader azzurro già vede uno sfratto per il governo attuale.

(LaPresse/di Matteo Bosco Bortolaso)

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