Governo, occhi del M5S puntati su Salvini: no ribaltoni. In attesa del Colle

AFP PHOTO / Alberto PIZZOLI AND Filippo MONTEFORTE

Di Elisabetta Graziani

Roma, 5 mag. (LaPresse) – Il silenzio dei partiti riempie il sabato precedente il terzo giro di consultazioni. Per la prima volta dopo le elezioni del 4 marzo, proprio ora che il voto anticipato sembra un’ipotesi da prendere in considerazione, le forze politiche sono sospese nell’attesa di lunedì quando, a cominciare dal M5S, saliranno di nuovo al Colle dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un silenzio stridente, però, in cui si sente l’eco dei ‘desiderata’ dei due mezzi vincitori. Abbandonato il vestito istituzionale, tornano in voga i temi populisti. Da un lato il “no euro” e il “ribaltone” o, peggio, “golpe”; dall’altro, il “basta migranti”, in cima all’agenda del segretario del Carroccio. La campagna elettorale si affaccia prepotentemente all’orizzonte di Lega e M5S che sfilano volentieri l’aplomb più o meno cucito addosso per il vis à vis con il presidente Mattarella e cercano di rintuzzare il rispettivo elettorato, forse un po’ disorientato negli ultimi due mesi.

Il ritorno anticipato alle urne sarà ciò che con ogni probabilità il Movimento 5 Stelle chiederà al Capo dello Stato nello Studio alla Vetrata. Da parte del centrodestra, invece, si ripropone l’apertura a un governo di scopo, qualora risulti impossibile ricevere l’incarico e trovare tra i ‘responsabili’ in Parlamento i cinquanta voti che servono alla coalizione per formare una maggioranza. Anche qui, si registrano diverse sfumature all’interno della coalizione. Forza Italia sembra la più propensa a evitare un ritorno troppo repentino alle urne e per questo non fa mistero tenere in considerazione il piano B. Se bisogna fare un governo politico, la “strada maestra” indicata dal governatore ligure Giovanni Toti è partire dal centrodestra che ha ottenuto il 37% ed è la prima forza parlamentare del Paese e con la “collaborazione dei Cinquestelle, senza forni o rosticcerie e senza spacchettare ciò che gli elettori hanno unito”. Ma, senza un “ravvedimento operoso” dei grillini – vale a dire senza il riconoscimento a Silvio Berlusconi – e in mancanza della volontà di Mattarella di concedere lo stesso al centrodestra l’incarico, allora non resterebbe che un governo di responsabilità, rispetto a cui, dopo l’iniziale rifiuto, ora anche Salvini pare arrivare a più miti consigli.

Sul fronte Cinquestelle la porta completamente chiusa pare riaprirsi leggermente con Vito Crimi. Il senatore, di fronte al tentativo reiterato da Matteo Salvini di riallacciare con il M5S, risponde con un “arriva veramente in ritardo, ma è da valutare per capire”. Il fedelissimo di Luigi Di Maio, Riccardo Fraccaro, sibillino promette il massimo rispetto per il presidente Mattarella, ma mette una pietra tombale sul governo di tregua, ribattezzato “il governo del tradimento”. Sì, perché gli occhi del M5S in questo momento sono puntati tutti su Matteo Salvini: è lui che potrà decidere se aiutare Pd e Forza Italia a far nascere un esecutivo anche senza i Cinquestelle oppure se non farlo. “Vedremo – dice il deputato – se anche Salvini si renderà responsabile di un governo del Nazareno contro il M5S. Noi diciamo chiaramente no al ribaltone”. Il leit motiv resta in definitiva quello di Luigi Di Maio: “O soluzione politica o al voto anche il 24 giugno”. Crimi racconta di un Di Maio arrabbiato dopo la porta sbattuta in faccia da Matteo Renzi quando il dialogo con il Pd sembrava quasi avviato. Ma dai Dem lo stop all’intesa politica con i grillini è cosa certa dopo la direzione in cui invece il Partito ha convenuto sulla possibilità di aprire a un governo di tutti, come proposto dall’ex segretario nella sua intervista televisiva della scorsa domenica. Lunedì a Mattarella il segretario reggente Maurizio Martina dichiarerà la disponibilità del Pd a “contribuire allo suo sforzo con coerenza”. Sul tavolo dei partiti anche la legge elettorale che Fi, Pd e Lega vorrebbero cambiare, ma che il M5S non si fida a riscrivere “con questi bari”. Tutto è appeso al filo sottile del dialogo politico che potrebbe rintrecciarsi in queste ore o i vincitori del 4 marzo dovranno ammettere la loro incapacità di formare un governo.

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