I 5 Stelle al voto sullo statuto. Esplode la rabbia dei dissidenti

Il ‘vaffa’ della Muscarà contro Conte “autoproclamato leader”

NAPOLI – Il M5S affida agli iscritti il compito di dare il via libera al nuovo statuto proposto da Giuseppe Conte, utilizzando una nuova piattaforma in sostituzione di Rousseau, ormai archiviata così come il suo numero uno Davide Casaleggio. Un’operazione di facciata più che di sostanza, quella studiata da ‘Giuseppi’, per far dimenticare di essere stato nominato leader da Beppe Grillo, su spinta di una parte di senatori e deputati, e non proclamato dalla base come era successo con l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio. I grillini parlano di una nuova pagina, necessaria viste le evoluzioni (definirle capriole sarebbe più realistico) che hanno caratterizzato il percorso del M5S dal 2018 ad oggi. Le votazioni iniziate ieri e che proseguiranno oggi rappresentano anche il banco di prova per la nuova piattaforma. “E’ la prima volta che proviamo il nuovo sistema di voto – ha detto il senatore Vincenzo Presutto – al di là dei contenuti e dello statuto, è il primo banco di prova della piattaforma informatica utilizzata per la votazione. Stiamo ancora votando per valutare il documento che dovrà accompagnare il neo Movimento. Per il via libera deve esserci la maggioranza qualificata, metà degli iscritti certificati più uno. Nel caso in cui non si raggiungesse, si procederebbe con la seconda convocazione che non richiede la maggioranza assoluta. Ci sarà un notaio che dovrà verificare sia la validità della votazione che i numeri”.

Come da mesi ormai, a raccontare mirabilia di ciò che sarà d’ora in avanti sono per lo più i parlamentari e consiglieri regionali fedelissimi del presidente della Camera Roberto Fico o, come nel caso del deputato Luigi Iovino, di Di Maio. “Con il voto al nuovo statuto inizia finalmente una fase di rinnovamento per il Movimento 5 Stelle – ha sostenuto – La grande partecipazione che stiamo registrando in queste ore dimostra che la politica ha bisogno di avere un riferimento in una forza politica che parla di temi fondamentali e che ha una visione che guarda ai prossimi 30 anni. Con Conte alla guida siamo pronti a ripartire, per aiutare il Paese a risollevarsi dopo questa dura crisi”. Peccato che negli ultimi tempi il M5S abbia perso non solo pezzi in Parlamento, viste le fuoriuscite e le espulsioni, ma anche parte della base che trova un punto di riferimento nei dissidenti più che nei cosiddetti ‘big’. E i dissidenti non credono nella votazione in corso e non si riconoscono in Conte il proprio leader. E’ il caso del consigliere regionale campano Marì Muscarà.

“Dopo l’ultimo immondo tradimento sulla giustizia – ha spiegato – dopo aver ingannato con le modifiche di deregulation ambientali presentate come transizione, dopo aver detto tutto ed il contrario di tutto, dopo aver cancellato la democrazia partecipata annullando le proposte degli Stati Generali, dopo aver organizzato il papocchio alleanze a Napoli, dopo averci ingannato con il Sì a Draghi perché avreste ‘vigilato’. Adesso al vostro ultimo tentativo di trasformare il M5S nel partito di Conte Dc, perché sperate che la revergination vi trascini oltre il 2023, raccolgo il suggerimento del presidente autoproclamato leader che suggerisce “bisogna essere pratici” e gli rispondo ‘vaffa’ – ha chiosato ironica Muscarà – Ops, nello statuto di Conte non si possono dire le parolacce”. Poche ore ancora e si saprà se gli iscritti promuoveranno in maniera plebiscitare la proposta di Conte o ci sarà bisogno della seconda convocazione. In questo caso, forse, i dissidenti gongolerebbero, anche se solo per poco.

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