Il clan e l’affare degli oli esausti. In manette i Nobis e Cantiello

Sono accusati di aver minacciato un imprenditore per non farlo lavorare a Casale, S. Cipriano e Casapesenna garantendo campo libero alla ditta Soloil del napoletano Francesco Di Sano

CASAPESENNA – Con i boss Salvatore Nobis Scintilla e Salvatore Cantiello Carusiello in carcere sarebbe toccato ai loro fratelli sporcarsi le mani per garantire soldi alle casse del clan: gli inquirenti della Dda di Napoli si riferiscono ad Aldo Nobis, 52enne casapesennese, e Vincenzo Cantiello, 56enne di Casale: fino allo scorso giugno, facendo leva sulla loro “caratura mafiosa”, si sarebbero attivati per favorire la Soloil di Francesco Di Sarno, 50enne di Napoli, ditta attiva nel settore del ritiro e del trattamento degli oli esausti. I due, insieme a Giulio Nobis, 26enne (figlio di Salvatore), su ordine del gip Federica Colucci, sono stati arrestati dai carabinieri della Compagnia di Casal di Principe con l’accusa di concorrenza illecita aggravata dal metodo e dalla finalità mafiosa. Stesso reato contestato a Di Sarno, che però è indagato a piede libero (il giudice ha respinto la richiesta di arresto).

Stando a quanto ricostruito dai militari dell’Arma, Di Sarno, in qualità di amministratore di fatto della Soloil avrebbe incaricato Nobis, di cui conosceva lo spessore camorristico, di fare concorrenza ad un’altra azienda attiva nel suo stesso settore, boicottandola mediante l’acquisizione del pacchetto dei circa 140 clienti presenti tra Casale, Casapesenna e San Cipriano. Il fratello di Scintilla, ha ricostruito la Procura distrettuale, si è attivato per costringere il competitor di Di Sarno a non ritirare più tale prodotto. Aldo Nobis, dice l’accusa, si è pure recato personalmente, spesso accompagnato dal nipote Giulio, per indurre gli esercenti dell’Agro aversano a non consegnare l’olio alla ditta rivale di Di Sarno.

In una circostanza avrebbe minacciato l’avversario commerciale del 50enne partenopeo, dicendogli che gli avrebbe spaccato la testa. E per essere più persuasivo, questa la tesi della Dda, fece intervenire, oltre Cantiello, pure Oreste Reccia e Aldo Picca (non figurano tra gli indagati). Il 52enne di Casapesenna, con Giulio Nobis, inoltre, avrebbe pure malmenato l’uomo d’affari perché in un’occasione non aveva rispettato il divieto impostogli di ritirare l’olio. Parte dei soldi ricavati dal business realizzato grazie alla società di Di Sarno, affermano gli inquirenti, erano destinati al sostentamento di alcune famiglie di detenuti ritenuti vicini al clan Casalesi.

Aldo Nobis e Vincenzo Cantiello rispondono anche di tentata estorsione: il 2 giugno 2021, ha ricostruito l’Antimafia, picchiarono con una mazza da baseball il rivale di Di Sarno per costringerlo a non lavorare più sul territorio.
Ad assistere i tre arrestati sono gli avvocati Angelo Raucci, Paolo Caterino, Bartolomeo Mariniello. e Carlo De Stavola.
Il business degli oli esausti nel tempo è diventato molto fiorente. Da un lato, infatti, ha spiegato il gip che ha emesso il provvedimento cautelare, ci sono i produttori che grazie a società come quella di Di Sarno, smaltiscono il materiale senza alcun onere economico, che invece sarebbero chiamati ad affrontare se avessero voluto smaltirlo diversamente, dall’altro gli operatori specializzati che raccogliendo lucrano sulla vendita del prodotto una volta completato il ciclo di rigenerazione.

Zagaria: “Il fratello di Scintilla si occupava delle bische, curò anche la latitanza del boss”

Il peso di Salvatore Scintilla nel clan dei Casalesi è noto da anni: ormai è diventato storia giudiziaria. Ma adesso a raccontare agli inquirenti che anche Aldo Nobis, il fratello, è un esponente della mafia locale, c’è Ciccio ‘e Brezza, al secolo Francesco Zagaria, dal 2019 collaboratore di giustizia. “Lo conosco personalmente da quando eravamo ragazzi – ha riferito lo scorso 15 luglio ai magistrati – Fin dagli anni Duemila Aldo è stato sempre inserito nel clan inizialmente con il ruolo di gestore delle bische a Casapesenna, nonché con il ruolo di realizzare estorsioni e di occuparsi della latitanza di Michele Zagaria. Questo dato mi deriva – ha chiarito – dalla conoscenza diretta con Alduccio e dal fatto che insieme frequentavamo gli stessi componenti del clan, ossia Nicola Del Villano, i fratelli Zagaria, Giovanni e Giuseppe Garofalo, Michele Barone, Massimiliano Caterino ed altri. E’ una persona pienamente inserita nel contesto del gruppo Zagaria, tanto che dopo l’arresto del fratello Salvatore, lui e suo Raffaele venivano da noi inquadrati come i diretti referenti di Scintilla per ogni esigenza del clan”.
Sulla stessa linea le informazioni su Aldo Nobis date agli inquirenti da Michele Barone, altro collaboratore di giustizia di Casapesenna: “Si occupava della latitanza di Zagaria, della custodia del denaro, di fare investimenti con il capoclan e con i fratello, come quelli riguardanti la realizzazione delle ville di Lago Patria, e si è occupato della gestione delle bische clandestine legata al clan”. Stando al racconto di Barone, Nobis fui anche tra le persone incaricate da Pasquale Zagaria di raccogliere i 500mila euro che servivano per un’operazione imprenditoriale ad fare insieme a tale Aldo Bazzini (compagno della mamma della moglie di Pasquale). La somma racimolata poi sarebbe stata portata al fratello del capoclan, che si trovava a Milano, da Filippo Capaldo, il nipote, e da Raffaele Capaldo ‘o marchese. “Ricordo ancora bene le sue parole quando, mostrandomi la busta con le banconote – ha spiegato Barone – mi disse in tono scherzoso: guarda qua, vogliamo andarceli a giocare”.

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