Il ministro dell’Interno ora ha le risposte che cercava

La realtà è così tristemente chiara, dicevamo solo ieri da queste colonne, che la risposta è arrivata subito. Al ministro dell’Interno Lamorgese che ci ricordava quanto questa Napoli fosse ‘canaglia’ dal punto di vista della sicurezza basterà leggere le parole del procuratore generale Luigi Riello per arrivare preparata alla prossima visita: la macchina della giustizia è completamente sguarnita, ecco perché Napoli è un caso nazionale. Mancano i pm, mancano i gip, ma i clan sono troppi e così ci sono ordinanze di custodia cautelare che vengono emesse dopo 2 anni dalla richiesta della procura e processi che restano fermi per anni. Nel frattempo, chi dovrebbe essere assicurato alle patrie galere continua a delinquere. Ecco, signor ministro, uno dei motivi per cui ancora stiamo qui a parlare di ‘piano sicurezza’. Lo sapeva, che l’organico dei tribunali e delle procure campane è all’osso? Certo, non è sua competenza, c’è il ministro Cartabia per questo. Ma noi comuni mortali immaginiamo, forse sogniamo, che quando c’è un problema che da decenni attanaglia una città, quando si parla di ‘caso nazionale’, si collabori. Pensiamo che l’una bussi all’ufficio dell’altra, che segnali o chieda, insomma, che si interessi. O dobbiamo credere che i ministeri siano compartimenti stagni che non comunicano? Avete mai sottoposto, Lamorgese e Cartabia, al collega che si occupa dell’Istruzione, il problema dei baby boss? Sentire Riello che ripete “solo a Napoli si diventa boss a 18 anni” fa male. E non solo per le troppe vite spezzate così presto. Fa male perché la consapevolezza di essere solo un tema con cui conquistare copertine e consenso aumenta a ogni lancio di agenzia. Vogliamo risposte, non passerelle e conferenze stampa, abbiamo aspettato anche troppo.

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