Imperia, usava l’auto di servizio per viaggi personali: arrestata la preside

La donna è stata fermata dai militari sabato pomeriggio proprio a bordo del veicolo mentre tornava dalla Francia

Foto LaPresse

IMPERIA – Usava l’auto di servizio della scuola per fare viaggi personali. Per questo motivo la preside dell’istituto professionale G. Marconi di Imperia, Anna Rita Zappulla, è stata arrestata in flagranza dai carabinieri della città ligure. Con l’accusa di peculato. I militari hanno fermato la donna, di 62 anni e nata a Marsala, in provincia di Trapani, sabato pomeriggio proprio a bordo del veicolo. Mentre tornava dalla Francia.

La preside usava la vettura della scuola per fini personali

Secondo quanto ricostruito durante l’indagine, avviata i primi giorni di marzo e coordinata dal procuratore aggiunto di Imperia Grazia Pradella, la dirigente scolastica avrebbe utilizzato in modo improprio la vettura. Non solo sul territorio e nella provincia imperiese, ma in alcune occasioni anche fuori regione e oltre confine.

L’arresto al rientro dalla Francia

La 62enne, infatti, è stata fermata intorno alle 18.30 di sabato mentre faceva rientro in auto dalla Francia. Dove sarebbe andata, sottolineano i militari, “senza alcuna motivazione riconducibile all’attività lavorativa”. Al momento del controllo, svolto in collaborazione con i carabinieri di Ventimiglia, vicino al confine di Stato, la donna avrebbe cercato di giustificarsi senza riuscirci.

La segnalazione dell’istituto ha dato il via alle indagini

A dare il via alle investigazioni sarebbe stata una segnalazione interna all’istituto. L’inchiesta, precisano i carabinieri, ha consentito di “acclarare l’abitualità della condotta”. E ha fatto emergere l’uso “per finalità private di un bene di cui la preside aveva la disponibilità solo per fini legati al suo ruolo”. La donna, dirigente anche di altri due strutture scolastiche a Sanremo (Imperia), l’istituto Colombo e il Centro Levante, è stata arrestata e portata in carcere a Genova. Per il reato di peculato rischia una pena fino a 10 anni di reclusione.

(LaPresse/di Martina Coppola)

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