Imprenditore estorto dal cognato di Aldo Picca: interviene il gruppo legato all’ex bardelliniano per tutelarlo

Uno dei membri della cricca di Acerra avrebbe tentato di intercedere presso il boss Aldo Picca per salvare l'uomo d'affari dal pizzo

TEVEROLA – Non denunciare, non rivolgersi allo Stato, ma correre dai criminali per chiedere protezione da altri malavitosi. Sono ancora troppi gli imprenditori, vittime di estorsione, che fanno proprio questo. Considerano il coinvolgimento delle forze dell’ordine come un’extrema ratio. Prima, preferiscono percorrere strade poco oneste. Atteggiamento che ha fatto emergere la recente indagine, coordinata dal pubblico ministero della Dda Simona Belluccio, tesa a smantellare il clan Picca-Di Martino.

I carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, lavorando su questa cosca, attiva tra Teverola e Carinaro, hanno registrato diversi casi di reticenza a denunciare da parte di uomini d’affari sottoposti a pizzo da esponenti di quel gruppo. E tra questi ci sarebbe stato un businessman di Carinaro che aveva ricevuto richieste estorsive da parte di Raffaele Di Tella, cognato del boss Aldo Picca. Dalle intercettazioni, i militari hanno appreso che la vittima si era rivolta ai Basile di Acerra, con interessi criminali anche nella vicina Maddaloni, affinché intercedessero presso il mafioso di Teverola per placare le richieste economiche del cognato. I Basile, stando a quanto ricostruito dai carabinieri, sono legati al più noto Luigi ‘Il Marsigliese’, lo storico bardelliniano (scomparso nel 2013) che si è guadagnato un posto nella storia della cronaca correndo dai carabinieri, armato, per farsi arrestare e per sfuggire alla ferocia di quelli che identificherà come i Casalesi, ovvero quel clan che avrebbe eliminato Antonio Bardellino in Brasile (ma sul punto c’è una nuova indagine che potrebbe dare una nuova versione sull’accaduto, diversa dalla storia tracciata nella sentenza Spartacus). Basile disse ai carabinieri che lo volevano ammazzare. Alla domanda su chi avesse quell’intenzione, rispose: “I Casalesi”.

Da quell’accaduto sono trascorsi decenni. La criminalità organizzata è cambiata, purtroppo non è stata debellata, e, nonostante il tanto tempo passato (condito da arresti, confische e collaborazioni con la giustizia) diversi dei soggetti che ora la animano in Campania hanno forti legami (familiari e culturali) con quel periodo in cui la mafia ha messo radici.

I carabinieri hanno ipotizzato che la vittima, che aveva vari cantieri nell’area del Maddalonese, pagasse per quei lavori il pizzo proprio ai Basile (da qui la sua scelta di coinvolgerli per provare a frenare Picca). Questo spaccato è inserito, come detto, nell’indagine che ha fatto scattare 34 misure cautelari (alcune delle quali recentemente annullate dal Riesame).

Complessivamente sono 55 gli indagati che rispondono a vario titolo di associazione mafiosa, estorsioni, armi, trasferimento fraudolento di beni, riciclaggio e spaccio di droga. I Basile sono estranei rispetto a questa inchiesta.

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