Indagine sull’impero di Greco, spunta il nome di Giovanni Lombardi

Gli investigatori: "E'un imprenditore spregiudicato”. Il suo nome spunta nell'informativa sui presunti rapporti tra il businessman di Castellammare di Stabia e il clan Zagaria

Adolfo Greco e Giovanni Lombardi

NAPOLI – L’anima cutoliana, il latte, gli affari immobiliari e i fratelli Capaldo: che fossero Casalesi, camorristi napoletani o colletti bianchi, ad Adolfo Greco non ha mai particolarmente importato. Territorialismo e confini criminali annessi? Concetti superati. L’obiettivo è stato sempre un altro: fare affari, crescere economicamente. Ad ogni costo. E il turbinio imprenditoriale dello stabiese, iniziato negli anni Ottanta e conclusosi (forse) soltanto qualche mese fa, avrebbe toccato anche Giovanni Lombardi (nella foto), businessman 57enne.

L’indagine

Il nome dell’ex presidente della Casertana e già editore (per circa due anni) del quotidiano Metropolis è saltato fuori nell’inchiesta che a gennaio ha portato in cella Greco.

L’operazione, condotta dalla Squadra Mobile di Napoli e dal commissariato di Castellammare, si è concentrata sugli ipotizzati legami tra lo stabiese (il 20 aprile farà 70 anni) e i Capaldo, nipoti di Michele Zagaria, in relazione alla distribuzione del latte Berna in provincia di Caserta.

Rispetto a tale vicenda Lombardi è totalmente estraneo, hanno chiarito gli investigatori, ma è considerato (tesi tutta ancora da accertare) vicino, in termini di affari, a Greco.

L’impero

Il businessman di Castellammare di Stabia, hanno ricostruito i poliziotti, nel corso degli anni ha acquisito, anche in società con altri soggetti, aree industriali in disuso, come l’ex stabilimento Cirio, situato proprio a Castellammare, l’ex centrale del latte di Padova, e uno stabile Pozzuoli, un immobile trasformato in un hotel, che si trova a Cava de’ Tirreni e pure un albergo a Capri. Un impero, un patrimonio enorme in grado di toccare vari punti della Campania arrivando fino al Nord. Ma questa ricchezza non sarebbe stata il frutto di spiccate capacità di impresa.

Aste e fallimenti

Le acquisizioni immobiliari, hanno chiarito gli investigatori, sono state realizzate anche con l’insinuazione in procedure fallimentari e concorrendo ad aste giudiziarie. Ed è qui che, secondo i poliziotti, entrerebbe in gioco Lombardi. Dalle loro indagini, infatti, è emerso che proprio in questi blitz imprenditoriali, che hanno consentito allo stabiese di comprare palazzi su palazzi, l’ex patron della Casertana, descritto dalla polizia come “spregiudicato imprenditore di origine casertana”, avrebbe svolto “un ruolo fondamentale”. Altri dettagli non sono stati ancora rivelati: tutto (o quasi) è coperto dagli omissis. Sul caso ci sono ancora indagini in corso.

Il latte

Se il presunto rapporto tra Lombardi e il 69enne di Castellammare è tutto ancora da tracciare, il filone sull’eventuale legame tra Greco e i nipoti di Zagaria, invece, ha visto la luce a gennaio, con un’ordinanza d’arresto notificata allo stabiese ed ai fratelli Filippo e Nicola Capaldo. L’inchiesta ha tirato in ballo anche tre dirigenti della Parmalat: si tratta di Lorenzo Vanore, Antonio Santoro (entrambi ai domiciliari e al momento della cattura in servizio presso l’azienda emiliana) e Pasquale Russo (indagato a piede libero, da diversi anni ha lasciato l’azienda di Collecchio per un’altra attiva nel settore del caffè). I Capaldo avrebbero chiesto (ed ottenuto) aiuto a Greco nel convincere i funzionari Parmalat a revocare le concessioni di distribuzione del latte Berna alla Euromilk (l’azienda che la Dda, nel 2013, ha definitivamente confiscato agli Zagaria), per affidarle ad una nuova società: la coop Santa Maria, poi diventata una srl, formalmente intestata (in tempi diversi) a Giovanni Massaro, Gianfranco Costanzo, Teresa Zazzaro e Giuseppe Petito, ma di fatto riconducibile sempre ai Capaldo (e quindi agli Zagaria). I nipoti del boss e le presunte quattro ‘teste di legno’ sono indagati per interposizione fittizia di beni aggravata dalla finalità mafiosa. Greco (da una settimana ai domiciliari) e i dirigenti Parmalat, invece, rispondono di concorso esterno al clan dei Casalesi. I pm Maurizio Giordano e Giuseppe Cimmarota, titolari dell’inchiesta, non hanno ancora dichiarato conclusa l’attività investigativa.

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