La biodiversità campana in grappoli

Fiano, Asprinio, Piedirosso, Coda di Volpe, Aglianico, Casavecchia e Pallagrello. Alla Fiera di Verona in mostra le eccellenze delle nostre vigne: spicca il Greco Bianco ritenuto il vino più antico d’Italia

NAPOLI (Beatrice Spiga) – I grappoli campani hanno un posto d’eccellenza nella più grande esposizione di uve mai realizzata portati al Vinitaly Special Edition Verona da tutte le diverse regioni al salone “Vigneto Italia” creato dalla Coldiretti per scoprire la grande biodiversità e qualità dalle quali nascono le più prestigiose bottiglie del vino Made in Italy. Sul territorio nazionale ci sono 608 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi a dimostrazione del ricco patrimonio di biodiversità su cui può contare l’Italia che vanta lungo tutta la Penisola la possibilità di offrire vini locali di altissima qualità grazie ad una tradizione millenaria.

Greco bianco
Il Greco di Bianco è ritenuto il vino più antico d’Italia insieme al Moscato di Siracusa. Si ritiene che il primo tralcio sia arrivato in Calabria, nel territorio di Bianco, già nel VII secolo a.C., quando i Greci sbarcarono presso il promontorio Zefirio. La pianta trovò lungo questo tratto di terra caratteristiche climatiche simili a quelle d’origine. Nel 1966 il Greco di Bianco ha raggiunto un livello molto basso di produzione. Nel 1980 ha avuto il riconoscimento del marchio Doc.

Fiano
Il Fiano di Avellino nasce agli albori del XIII secolo, con un popolo di origine Ellenica. Prende il nome dall’omonimo vitigno, denominato dai latini Vitis Apiana, o vite delle api. Questo perché esse sono attratte della dolcezza di queste uve. Questo vino era già molto apprezzato nel Medioevo. Le più antiche citazioni del Fiano di Avellino risalgono al XIII secolo e sono attribuite a Federico II di Svevia.

Asprinio
L’Asprinio, una specie di vitis silvestris, antichissima, introdotta fin dall’epoca etrusca nelle pianure intorno ad Aversa, probabilmente destinata soprattutto alla produzione di aceto. Le origini sono lontane, smarrite e ritrovate, in buona parte confuse nelle leggende. Oggi questi vitigni sono considerati un bene ambientale e parte del paesaggio rurale che si va perdendo ed è certamente da salvaguardare. Infatti le viti maritate che salgono fino a 14-15 metri.
PIEDIROSSO
Il vitigno, autoctono della regione Campania, viene descritto già da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia, compilata tra il 78 e il 79 d. C. Come Piede di Palombo viene descritto per la prima volta da Columella Onorati, e ripreso poi da Froio nel 1876. Il suo nome sembra derivare dalla colorazione.

Coda di volpe
La più antica citazione del vitigno risale a Plinio il VecchioNella sua Naturalis Historia. Le viti erano coltivate alle falde del Vesuvio, in particolar modo nella zona di Trecase e Boscotrecase, dalle famiglie benestanti dell’epoca. Il nome del vitigno deriva dalla forma curva della piega apicale del grappolo, simile alla coda della volpe.

Aglianco
E’ un vitigno antico, probabilmente originario della Grecia e introdotto in Italia intorno al VII-VI secolo a.C. Non ci sono certezze sulle origini del nome, che potrebbero risalire all’antica città di Elea (Eleanico), sulla costa tirrenica della Campania, o essere più semplicemente una storpiatura della parola Ellenico.

Biancolella
La Biancolella ha percorso secoli di storia insieme a chilometri di strade e sentieri. Anche se viene ritenuta una varietà autoctona dell’isola di Ischia, in realtà pare che le origini di questa uva così raffinata e vivace siano legate ai Greci provenienti dall’Eubea. Questi portarono le prime barbatelle di Biancolella in Corsica, dove sono tuttora allevate con il nome di “Petite Blanche”. Successivamente la coltivazione si estese a Procida e, grazie ai Borboni, arrivò fino alla Costiera Amalfitana e nell’isola di Ponza.

Casavecchia
L’origine del vitigno Casavecchia è antichissima: è possibile che coincida con l’uva del vino Trebulanum, forse proveniente dall’insediamento di Trebula Balliensis (Treglia, frazione di Pontelatone), citato da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia e bevuto dai legionari dell’antica Roma. Fino alla fine dell’Ottocento non si hanno altre notizie. Un contadino rinvenne un grosso ceppo di vite ancora vivo e vigoroso, nei pressi di un rudere di una vecchia casa. Sembra che la gente del posto iniziò a dire in gergo dialettale “l’uva ‘e chella casa vecchia”, da cui derivò il nome Casavecchia. Il contadino, che si chiamava Scirocco Prisco, iniziò a riprodurre la vite, favorendone la lenta diffusione nei vicini comuni di Castel di Sasso, Formicola, Liberi, Piana di Monte Verna, Caiazzo, Castel Campagnano, Ruviano.

Pallagrello bianco
Il Pallagrello bianco, “u pallarell”, è un vitigno antico la cui provenienza risale presumibilmente all’antica Grecia. Fu un vino molto apprezzato da Ferdinando IV. Si racconta che questo vino gli piacesse al punto di vietare il passaggio in una vigna situata in località Ponticello nella cittadina di Piedimonte Matese dove aveva fatto impiantare questo vitigno.

Catalanesca
Questo frutto deve il suo nome alla sua origine geografica: fu importata qui dalla Catalogna, da Alfonso I d’Aragona nel XV secolo, e impiantato sulle pendici del Monte Somma, fra Somma Vesuviana e Terzigno. Su questi fertili terreni vulcanici l’uva fu presto sfruttata per vinificare dai contadini vesuviani negli imponenti cellai delle masserie, dove ancora oggi è possibile trovare torchi che risalgono al ‘600. Solo il prodotto eccedente veniva utilizzato come uva da tavola.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome