La lezione greca

Vincenzo D'Anna

Domenica, in Grecia, si sono tenute le elezioni per rinnovare il Parlamento (unicamerale). A vincere è stato il centrodestra di Nea Demokratia, guidato dal primo ministro uscente Kyriakos Mitsotakis. Il risultato è apparso chiaro ed inequivocabile. Ma non si tratta di una novità, avendo quella coalizione già trionfato nelle precedenti tornate. Ben lontano il partito della sinistra, Syriza, retto dal più che noto Alexis Tsipras, che sconta un ritardo, in termini di voto, superiore al 20 per cento. Terzi i socialisti del PASOK (arenatosi poco sopra il 10 per cento), eredi di un partito che pure ha governato la Grecia per molti anni e che è stato fondato al termine della dittatura dei “Colonnelli”, da Geōrgios Papandreou di idee liberal socialiste, ed in seguito coordinato dal figlio Andreas Papandreou anch’egli divenuto  primo ministro. Tuttavia, per quanto eclatante sia stato il risultato di Nea Demokratia, quel partito non ha preso la maggioranza assoluta dei seggi che gli avrebbe consentito di governare senza stringere alleanze. Un particolare non da poco, non fosse altro perché nessuno dei tre principali movimenti in gara ha dichiarato di voler collaborare con gli altri due. Risultato: si paventa finanche ìla ripetizione delle politiche per il prossimo 25 giugno. Inutile dire che il sistema elettorale greco è di tipo proporzionale puro, pertanto determina la frammentazione della rappresentanza ed esalta le singole identità dei partiti più che un vero interesse a collaborare. Eppure, in casa nostra, c’è chi quel sistema elettorale lo invoca e lo sponsorizza addirittura come rimedio alla ingovernabilità ed in ossequio alla vera applicazione della democrazia. Tutto questo in ragione del fatto che ciascun concorrente beneficia dei voti ottenuti singolarmente. Si tratta, però,  di un insidiosa menzogna, una  boutade che può essere propinata solo agli ignoranti delle vicende politiche, ossia alla stragrande maggioranza degli elettori italiani, oppure agli scaltri politicanti che sperano, così, di poter costruire governi ed occupare scranni ministeriali con i traffici di palazzo e le combine di corridoio. Insomma: l’idea, sotto sotto, è quella di ripetere i due governi guidati da Giuseppe Conte, una volta con la Lega ed un’altra col Pd, senza provare alcuna vergogna per l’incoerenza, e pur sempre e solo in nome della salvifica  necessità e dell’invocato bene della Nazione. Non saprei prevedere per la politica greca quale sia il grado di volatilità dei giuramenti e delle promesse fatte agli elettori, ma ho la speranza che, laddove nacque la “Democrazia” e Pericle pronunciò, nel discorso agli Ateniesi durante la guerra del Peloponneso, l’immortale epitaffio “Non c’è felicità senza libertà né libertà senza coraggio”, gli impegni assunti e le incompatibilità dichiarate possano essere mantenute. Esito elettorale a parte, da quel paese giunge anche un altro messaggio: il declino della stella di Alexis Tsipras, l’uomo che si presentò sul proscenio internazionale come il nuovo Fidel Castro, il sovvertitore delle leggi e delle regole dell’economia capitalistica, il contestatore delle banche, la reiterata fiducia circa il fatto che i governi democratici e popolari mai avrebbero indietreggiato innanzi al dovere di elargire assistenza e sostegno al popolo. Profeta ed interprete di questa linea alternativa alla politica europea fu l’economista marxista Yanis Varoufakis, ministro delle Finanze, che elaborò la ben nota Grecexit, l’uscita, cioè, di Atene dalla comunità europea, nonostante che  questa fosse indebitata fino al collo con gli istituti di credito internazionali. Le politiche demagogiche ed assistenziali costano ed in Grecia i sindacati ed i partiti di sinistra, molti di stampo comunista, erano ben organizzati, avendo, tra l’altro, ottenuto elargizioni governative insostenibili per il bilancio statale. Una su tutte per esempio : le donne rimaste nubili al compimento del 45esimo anno venivano gratificate da una pensione sociale!! Che dire poi delle Olimpiadi venute a costare oltre il  doppio dei 15  miliardi di euro preventivati ! Un esborso che fece letteralmente saltare il banco del governo!! Eppure, ciononostante, Tsipras e Varoufakis non ne vollero sapere di fare dietrofront,  continuando  a fare leggi assistenziali anche sotto forma di pensioni baby, antesignane del reddito di cittadinanza di italiana memoria. Una sfida che subito esaltata dalla sinistra antagonista nostrana, sempre a caccia di icone da idolatrare, ed  il primo ministro greco fu  fatto assurgere al rango di vendicatore dei proletari e degli oppressi. Tuttavia, come ben noto, i sogni muoiono all’alba e la dura realtà di un paese ridotto in braghe di tela, certamente fallito senza gli aiuti e le dilazioni concesse dalla Ue, prese  il sopravvento. I protagonisti di quello  ennesimo tentativo di ribaltare le leggi dell’economia e del buon governo, furono così relegati nella massa dei tanti rivoluzionari falliti. Oggi in Grecia l’economia è tornata stabile e la macchina governativa sta marciando adeguatamente anche sulla base del consenso democratico. Ma quel che ce ne viene come monito è che l’assistenzialismo, fatto a debito statale crescente, riduce, prima o poi,  gli Stati alla miseria ed i beneficiati di quell’epoca alla povertà. Una lezione liberale e liberista  dura da apprendere, ancora calunniata e rifiutata  nel nostro caro Belpaese. Da queste parti aspettiamo ancora il miracolo promesso da piccoli trafficanti della politica 

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