La sconfitta dei Dioscuri

Castore e Polluce secondo la mitologia, erano figli di Zeus e Leda. Quest’ultima era stata posseduta dal re dell’Olimpo trasformatosi, per l’occasione, in un candido cigno. I due, uno valente domatore di cavalli, l’altro ottimo pugile, compivano le loro gesta sempre assieme ed erano considerati divinità benevoli. Tuttavia, fuori dall’allegoria, finirono per essere paragonati a coloro i quali detengono un potere tramandato e duraturo. Oggi, in politica, potremmo equipararli a quanti hanno goduto di un forte potere decisionale e di governo. E veniamo a noi. Il verdetto delle Politiche sancisce la vittoria netta del centrodestra e di Giorgia Meloni in particolare nel mentre tramonta la stella di altri leader del centrosinistra e, paradossalmente, anche sull’altro versante della barricata. Sconfitti senza se e senza ma Enrico Letta, a un passo dal peggiore risultato mai subito dal Pd nella sua storia elettorale e, ancor più, Luigi Di Maio rimasto addirittura fuori dal Parlamento così come Emma Bonino che non ha raggiunto neanche la soglia minima del 3%. Si conferma invece valido il consenso derivato dal reddito di cittadinanza per il M5S che, pur dimezzando i propri voti rispetto alla precedente tornata, fa il pieno in Campania ove si conferma il primo partito. Un dato che coincide con il territorio ove maggiore è la percentuale dei percettori del sussidio. Ma lusinghieri, per i pentastellati, sono stati i risultati un po’ in tutto il Meridione ove è apparso significativo il voto dei giovani evidentemente desiderosi di farsi sostenere dalla comoda assistenza statale. Una generazione, questa, che, al di là dell’enfasi della “rivoluzione gentile”, punta a procurarsi un sicuro introito senza fatica alcuna (leggi lavoro). Comunque, in casa 5Stelle si registra il netto successo della linea di Giuseppe Conte che praticamente ha sfilato la direzione politica del partito dalle mani di Beppe Grillo, cambiandone l’originaria natura di un movimento che perseguiva una moralistica e radicale contestazione del sistema in una forza affidabile e ben dentro le istituzioni parlamentari. Nel centrodestra tramonta la stella di un altro dioscuro: il “capitano” Matteo Salvini sceso, con il Carroccio, sotto le due cifre percentuali, il che equivale alla dissipazione dei due terzi dei voti che pure i sondaggi assegnavano al partito di via Bellerio fino a non molto tempo fa. Regge invece Forza Italia con il cavalier Berlusconi che si prende la soddisfazione di tornare in Senato seppur largamente ridimensionato rispetto alla consistenza di un tempo, ma con numeri sufficientemente ampi perché la coalizione possa godere di una maggioranza assoluta nelle due Camere. Insomma, per dirla in altre parole: l’ex premier non cresce nei consensi ma nel potere d’interdizione e di condizionamento che potrà esercitare nel corso della legislatura. Buono, tutto sommato, anche il risultato del “Terzo Polo” di Carlo Calenda che, con Matteo Renzi sul groppone ed il carico di soverchia ed ingiustificata antipatia che l’ex sindaco di Firenze si porta dietro, sfiora il sorpasso ai danni di FI. Da considerare anche che la somma dei due partiti liberal democratici (Italia Viva e Azione) e Forza Italia porta alla ribalta il centro moderato e riformista candidandolo a fungere da novità per il futuro, sempre se le due forze decideranno di ragionare insieme. Scompaiono, invece, dalla scena i centristi ex democristiani ed il loro arcipelago di cespugli che tale rimane, sotto l’un percento dei voti: così si salvano in pochi e solo gli ever Green, i vecchi leader post democristiani . Questo, dunque, per sommi capi, l’esito delle elezioni anticipate. Un esito che conferma quello che i sondaggi prefiguravano più o meno da alcune settimane. Più articolata invece la riflessione politica che ne consegue e che sarà anche condizionata dal buon esito di un governo a trazione destrorsa nelle mani di una debuttante che dovrà fare i conti con la dura realtà di un momento di grande difficoltà non solo politica, ma anche economica e sociale. Sul piano delle prospettive nel medio lungo termine si aprono alcune strade prima non percorribili e di sicuro interesse. Sul piano delle riforme l’identità di vedute tra Calenda e Meloni sull’elezione diretta del Capo dello Stato e quella del primo ministro ( il Sindaco d’Italia ), oltre alla pessima riuscita del “Rosatellum”, potrà indirizzare la tanto invocata riforma costituzionale ed il cambio del sistema elettorale. Un modello, già prefigurato alla fine del secolo scorso da Mario Segni, a prevalenza maggioritaria e che non lasci mani libere ai proprietari delle ditte di partito di fare come meglio credono dopo il voto. Se la gente può scegliere direttamente si appassiona e va a votare. Un area di centro liberale potrà ben competere se Berlusconi, Calenda e Renzi sapranno cogliere il momento appoggiando il presidenzialismo, liberandoci sia dall’eterna illusione di rifare la Dc, sia dal bisogno di tecnocrati di valore per dirigere il Governo. Ma questo lo sapremo solo vivendo…

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