La sfida degli agricoltori alle banche: a loro i nostri prodotti in ‘conto vendita’

Strozzati dalla crisi: i prezzi del mercato non coprono le spese che affrontano

CASERTA (gt) – Prima il blocco al casello autostradale di Capua, poi il sit-in davanti a quello di Santa Maria C.V.: sono state le tappe campane della protesta dei trattori che hanno interessato e stanno interessando tutto lo Stivale, da Siracusa a Sanremo, dove è in scena il Festival, passando per la Capitale. E ieri ha fatto tappa anche a Grazzanise. Sotto il controllo degli agenti del commissariato di Castel Volturno e dei carabinieri della stazione di Grazzanise, un gruppo di manifestanti, guidati dal sindacalista Gianni Fabbris, si è staccato dal presidio sammaritano e ha tenuto un sit-in davanti alla filiale del Monte dei Paschi di Siena. Una location insolita, ma scelta perché l’obiettivo era rivolgersi al sistema bancario nazionale. Fuori alla sede dell’istituto di credito, gli agricoltori hanno portato i loro prodotti per consegnarli simbolicamente al direttore. Mozzarelle, ortaggi e frutta data ‘in conto vendita’ affinché potessero pagare i loro debiti. E associati ai prodotti della terra che ogni giorno lavorano, hanno srotolato una cambiale da sottoporre ai vertici della filiale. Prima di entrare nell’ufficio, Fabbris aveva dichiarato: “Vogliamo vedere – ha detto il leader degli agricoltori Fabbris, presidente nazionale dell’associazione Altragricoltura – come gli esperti della banca sono in grado di vendere quei prodotti che noi riusciamo a vendere a prezzi bassi, che non coprono i costi da noi sostenuti, o a non vendere affatto. Credo che però il direttore non firmerà perché manca la garanzia, ovvero la firma di avallo da parte del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Magari porteremo la cambiale al direttore di filiale dopo la manifestazione del 15 a Roma, quando speriamo che il ministro firmi’. Indicando la merce che avevano poggiato al muretto della banca, Adriano Noviello, altro leader della protesta, ha detto: “C’è tutta la nostra produzione che richiede investimenti, dai quali non riusciamo più a rientrare. La crisi agricola è una grande sconfitta sociale”.

Poco dopo, una rappresentanza dei manifestanti ha bussato all’istituto. È uscito il direttore per guidare la delegazione nell’ufficio. Concluso il confronto, Fabbris ha informato chi era rimasto all’esterno “dello scontato ‘no’ ricevuto” alla cambiale. E ha aggiunto: “Gli agricoltori chiedono la moratoria dei debiti con la successiva ristrutturazione, ma per ottenere questo risultato, è necessario che le Regioni e lo Stato dichiarino la ‘crisi socio-economica’ del comparto agricolo, che è la prima condizione per presentarsi a Bruxelles e chiedere di derogare alla norma europea che vieta gli aiuti di Stato. È stato già fatto per salvare Alitalia dal fallimento, se è stato fatto per gli aerei non vedo perché non possa farsi per il cibo che arriva sulle tavole tutti i giorni”.

Tra i manifestanti c’era anche Francesca Fiore, titolare di un’azienda di agricoltura biologica a Sparanise. La donna ha sottolineato come i prodotti che vendono alla grande distribuzione oltreoceano vengono venduti agli stessi prezzi del 2014. Ma negli ultimi anni i costi di produzione sono aumentati: ‘Specie negli ultimi tre – ha rimarcato Francesca – è aumentato tutto, dal gasolio alle sementi, per non parlare della plastica per le serre. E la filiera si ingrossa sempre di più con intermediari che potrebbero anche non esserci e passaggi inutili che riducono sempre di più il guadagno da dividere”. E ha portato esempi concreti per dimostrare la difficoltà che sta affrontando lei e aziende simili alla sua: un piede di cavolo viene venduto a 23 centesimi, che è il prezzo di 10 anni fa. Un altro elemento che rende la situazione precaria, dice l’imprenditrice, è l’impossibilità di riuscire a contrattare con i colossi che comprano.

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