La sindrome di Stoccolma del Pd, Renzi ci riprova

L'ex premier dice: 'Presto toccherà di nuovo a noi'. Ma a noi chi?

ROMA – L’ex segretario Pd Matteo Renzi non sembra intenzionato a mettersi da parte. Al di là delle promesse mai mantenute, come quella fatta in occasione del referendum costituzionale di abbandonare la politica in caso di sconfitta, l’ex premier resta incollato alla scena politica come una cozza allo scoglio. E il Pd, in preda alla sindrome di Stoccolma, come un prigioniero che non riesce a liberarsi del proprio ‘carceriere’, procede a passo spedito verso l’estinzione.

La promessa

“Presto toccherà di nuovo a noi” continua a ripetere Renzi in ogni occasione utile, convinto che il governo pentaleghista sia destinato a tramontare subito dopo l’estate. La domanda che sorge spontanea è: toccherà a noi chi? A meno che Renzi non abbia iniziato a parlare di se utilizzando il plurale maestatis. E’ chiaro che pensa, o sa, di avere ancora un partito a disposizione con cui giocarsi le sfide elettorali per tornare sulla cresta dell’onda.

Quale partito, quale Pd?

La Leopolda 2018 rappresenta il giro di boa per Renzi e per il Pd. La convention cara al ‘senatore di Scandicci’ servirà ai renziani per contarsi e capire se ci sono i numeri per camminare soli sulle proprie gambe. Di creare un nuovo contenitore politico, o se serve ancora la ‘protesi’ Pd.

Leopolda: salvezza o suicidio

Laddove la Leopolda facesse registrare numeri da record, l’ipotesi di un nuovo partito esclusivamente renziano potrebbe prendere forma. In caso contrario no. Commettere l’errore fatto da altri, come Pippo Civati che è stato il primo a dissociarsi dall’ex amico rottamatore o come Pierluigi Bersani e co. per non sfondare il muro delle percentuali a due cifre sarebbe suicida.

Ipotesi alternativa

Renzi ha sempre un piano B e se la Leopolda si rivelasse un flop nulla gli impedirebbe di tentare l’assalto alla diligenza e riconquistare la guida del Pd. I democrat, dopo la batosta alle politiche vanno avanti per inerzia e Maurizio Martina, Andrea Orlando, Dario Franceschini, Michele Emiliano, Gianni Cuperlo non  sono riusciti, in questi mesi a ricostruire un Pd credibile. Per il congresso che eleggerà il nuovo segretario nazionale manca tempo. L’unico nome in campo, al momento, è quello di Nicola Zingaretti, governatore laziale. Ma in uno scontro tra lui e Renzi chi la spunterebbe? Il senatore di Scandicci, nella sua leadership, ci crede ancora.

 

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