La strategia Draghi non basta al Sud per il dopo pandemia

L'intervento di Raffaele Carotenuto, scrittore e meridionalista

Dal “Piano Sud 2030 – Sviluppo e Coesione per l’Italia” di Giuseppe Conte a “Verso Sud” di Mario Draghi. Un’idea di Sud per il 2030 (il primo) un Libro Bianco (il secondo).
Un elemento di programmazione di lungo periodo l’uno, un racconto di come potrebbe immaginarsi questa terra l’altro.
Dati, strategie, fondi, innovazioni e prospettive di riforma, si qualificano come elementi principali, quasi si buttano.
Narrazioni di chi presuntamente sa e conosce il Mezzogiorno, chi butta il cuore oltre l’ostacolo chiedendo di rinunciare alla rassegnazione e al fatalismo, e chi parla di maggiore coesione di intenti tra le istituzioni. È pure l’immancabile grido di dolore di non replicare più quanto da queste parti è già successo e non ha funzionato.
Ognuno si autoassolve, nessuno e colpevole, tutti vogliono cominciare daccapo. Colpe, ritardi, omissioni, ruberie? Niente, non esistono.
È cominciata l’ennesima fiera dei buoni princìpi, delle soluzioni magnifiche e progressive e della ricostruzione geopolitica, economica e socio-culturale del Sud. Tutti sani propositi, null’altro!
Non ho avuto modo di leggere in nessuno dei due Piani come si intende agire nei confronti delle “mediazioni politiche” che indugiano a proteggere privilegi, prebende, intermediazioni parassitarie.
Nessuno spiega perché il Sud offre una bassa qualità dei servizi pubblici a fronte di una tassazione locale ai massimi livelli, come si combatte l’insicurezza sociale che scoraggia gli investimenti, in che maniera si intende ristrutturare la spesa pubblica senza danneggiare i cittadini.
A maggior ragione non si analizzano tali “effetti distorsivi”, non una sola parola sulle pretese di dividere l’Italia attraverso l’autonomia differenziata.
L’analisi di lungo periodo prospettata nei due documenti “omette” di dire che, nel frattempo, il Sud è più povero, invecchiato e con minori energie umane al suo interno. Innanzitutto, su quali forze si dovrebbe poggiare la capacità trasformativa da mettere in campo per il Mezzogiorno?
Ancora, mentre il “Piano Sud 2030” individuava nettamente il competitor del Mezzogiorno, ovvero il Nord e i dislivelli tra le due parti del paese, “Verso Sud” quasi mai scrive la parola Nord, ripiega il “suo” riorientamento sulla posizione geografica della macro-regione meridionale al centro del Mediterraneo, prospettando tutto sulla centralità strategica della collocazione di quest’area nel perimetro del bacino situato tra Europa, Nord-Africa e Asia occidentale.
Insomma, si racconta un Mezzogiorno “presuntamente” in movimento, dove si fa finta di non notare che anche il PNRR legge il nodo infrastrutturale ferroviario, fondamentale per il superamento dei maggiori ritardi, tutto in funzione dell’alta velocità, mai parlando di collegamenti regionali e infra-regionali, delle centinaia di chilometri ancora a binario unico, di un parco macchine tra i più “vecchi” d’Europa. Così come gira lo sguardo altrove rispetto alla elettrificazione delle banchine dei porti, al fine di ridurre l’impatto ambientale nel settore dei trasporti, come uno dei primi elementi per affermare la decarbonizzazione lungo le linee di costa. La mobilità esiste in quanto alta velocità. Punto e basta!
Si intravede, purtroppo, una discussione minimalista, oltre alle affermazioni di principio si nota un gran vuoto di strategia, una sostanziale mancanza di potere contrattuale del Mezzogiorno. Questa fase straordinaria, dopo-Covid, avrebbe preteso ben altra programmazione, altri e diversi attori da coinvolgere, significativi soggetti sociali sedere al tavolo delle decisioni.
Ciò che è mancato, e continua a mancare, è uno spazio di osservazione che lasciasse comprendere, analizzare e proporre. Purtroppo, ancora una volta, il tavolo si è diviso in due: i presunti “illuminati” da un lato, tutti i restanti dall’altro.

di Raffaele Carotenuto, scrittore e meridionalista

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