Leader in declino, la caduta dell’impero berlusconiano e renziano

Renzi e Berlusconi, quando il carisma non basta più

Matteo Renzi e Silvio Berlusconi
Matteo Renzi e Silvio Berlusconi

ROMA (Loredana Lerose) I leader sono tali fino a quando il loro gradimento resta alto, ma se i cittadini iniziano a voltargli le spalle il declino è assicurato. Sia l’ex segretario del Pd Matteo Renzi che il presidente di Fi Silvio Berlusconi sono in caduta libera e non solo nei sondaggi. Con loro sembrano tramontare il progetto del centrosinistra e del centrodestra unito.

Il rantolio del centrodestra

Della coalizione risultata prima alle scorse elezioni non è rimasto niente. La Lega di Matteo Salvini è al governo con il M5S, Forza Italia con Berlusconi all’opposizione e Fdi in una posizione mediana. Berlusconi nonostante la ‘riabilitazione’ che lo rende candidabile, non è più il leader del centrodestra, e superato da Salvini nel gradimento non è riuscito a farsi ascoltare e a ottenere il voto anticipato per scongiurare il governo giallo-blu che è ormai una realtà.

La Meloni, che non ha risparmiato critiche ai due alleati dicendo che “il centrodestra è stato come una stanza con la porta girevole, gli unici a non aver fatto entra e esci siamo stati noi”. Come darle torto, prima il patto del Nazareno e poi il pentaleghismo. Intanto Salvini pur assicurando fedeltà al centrodestra, almeno sui territori, guarda avanti, e punta alla leadership indiscussa del suo partito sulle altre forze di centrodestra. Che Fi sopravviva o meno, poco conta. In fondo la politica non si è fermata neanche con la fine della Dc e della sua egemonia.

Lo sbandamento del Pd

Il Partito democratico va ricostruito, ma non si può procedere al ‘restauro’ se prima non si ripulisce dalle macerie. Renzi come Berlusconi ha portato i dem in alto, ma non è riuscito ad evitare di perdere pezzi durante la caduta. Ora non è più segretario del Pd, ma non ha intenzione di lasciare che il partito volti pagina e fa di tutto per evitare che i non renziani si facciano largo archiviando la sua stagione definitivamente.

Dopo il 4 marzo ha rassegnato le dimissioni e consegnato il Pd alla reggenza di Maurizio Martina. Poi ha ingaggiato lo scontro per andare a congresso e piazzare un suo fedelissimo alla guida del partito e ora finge di essere d’accordo con chi spera che a guidare i dem sia il premier uscente Paolo Gentiloni. Una figura di mediazione che possa riavvicinare gli scissionisti di Leu e rilanciare il sogno di un centrosinistra allargato e plurale.

Risalire la china

I patti hanno portato male sia a Berlusconi che a Renzi, da quello del Nazareno in poi, il declino è stato inevitabile per Fi e Pd. Per risalire la china stavolta non basta cambiare l’equilibrio delle alleanze. Servono facce nuove, i vecchi leader sono al tramonto e con loro le coalizioni così come conosciute fino a qualche settimana fa.

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