L’elevato e il fallito

Vincenzo D'Anna

Sarà pure stata una battuta da comico consumato, quella di Beppe Grillo, di farsi chiamare “l’Elevato”, innanzi ai suoi fan che lo acclamavano. Dopo aver lisciato il pelo ai giornalisti, rei di non riportare all’esterno la realtà dei fatti che agitano le acque del Movimento Cinque Stelle. La lamentela del garante è rivolta a taluni filmati che verrebbero messi in onda per screditare i pentastellati, con buona pace dei teatrini e della stilettate che da giorni si scambiano Luigi Di Maio e Giuseppe Conte. Secondo Grillo il M5S è in una fase di trasformazione, tanto da poter essere considerato una vera e propria Arca di Noè nella quale si fronteggiano varie tipologie di animali politici. L’allegoria sembra calzante. Solo che sulla barca grillina non ci sono il buon Noè e suo figlio Cam, ma degli “scappati da casa” che sono contro tutti, in una babele nella quale pochi si districano. La vicenda, raccontata con lo spirito e la levità dei toni comici, sarebbe anche un divertimento in questa afa estiva, se non fosse che i vari “animali” si portano dietro la maggioranza relativa dei parlamentari che siedono nelle due Camere con un corollario di Ministri e Sottosegretari. Senza gli ospiti di quell’Arca non ci sarebbe una “squadra” a sostegno del governo Draghi e quindi non ci sarebbe un esecutivo legittimato a guidare la Nazione. Nei vituperati anni della cosiddetta Prima Repubblica il deus ex machina (l’elemento risolutore) che sbrogliava la matassa, era costituito dalla formazione di un governo “balneare” che traghettasse il Belpaese verso tempi e mari meno tempestosi. Tuttavia l’Elevato l’ha buttata sullo scherzo per stemperare il dramma di un naufragio politico che richiamerebbe, con maggiore coerenza, più il dramma del Titanic che quello dell’Arca biblica. E dire che i tempi che corrono, con un’epidemia non ancora domata e una guerra alle porte di casa, non sono idonei a creare un clima di indeterminatezza e di approssimazione politica e governativa. Quindi più che una commedia comica  interpretata  da Beppe Grillo, la realtà ci richiama alla tragedia di una crisi economica che colpisce anche le famiglie italiane. Vero è che la Storia, come scriveva Marx, ci ha insegnato che spesso quello che comincia come una tragedia  finisce come commedia, ma nel Movimento i due aspetti ormai sono indistinguibili e risulta tragico, più che ridicolo, che questi rivoluzionari da operetta si siano rappresentati come quelli che potevano redimere la politica e le istituzioni parlamentari dalla corruzione e dalla immoralità e con gran seguito di consensi. Eppure la questione è molto semplice: da raggruppamento anti sistema e anti casta, si sono trasformati in politicanti di basso conio, da voce dei cittadini e della fantomatica società civile sono diventati politici rotti ad ogni esperienza di governo. In una Nazione in cui il melodramma e la commedia all’italiana sono da considerarsi un portato culturale consolidato nei decenni, non meraviglia come i termini della questione, così chiari e concreti, si possano ingarbugliare al punto da continuare nel tempo. Tutto questo mentre il dramma degli sbarchi dei migranti si rinnova e si moltiplica (facendo dell’Italia il capolinea dell’Europa per tutti i diseredati del mondo) e gli effetti della guerra in Ucraina (bollette alte e inflazione), col suo carico di orrore, si sommano. Putin continua con un conflitto senza regole e senza pietà, massacrando civili inermi con i suoi missili scagliati su obiettivi civili, e non sembra voler desistere dalle sue manie di grandezza. Lo zar si permette il lusso di declinare un decalogo contro l’immoralità del sistema politico statunitense, reo di aver fomentato guerre e tragedie umanitarie, nel mentre dimentica d’essere stato l’invasore dell’Ossezia, della Crimea, della Cecenia, sostenitore del regime criminale di Bashar al-Assad in Siria. Immemore del regime illiberale e tirannico che ha instaurato nuovamente in Russia, l’uomo del Cremlino continua nella sua guerra di accaparramento territoriale dimenticando il terrorismo islamico e chi lo ha eradicato con una guerra contro le bande di Bin Laden. Nel mentre questo accade e si ricatta l’Europa con le forniture di gas russo, le agenzie di rating dichiarano la Russia insolvente verso il debito contratto con l’estero. In sintesi, la Russia è dichiarata… fallita! Altro che inutilità delle sanzioni, come si affannano a ripetere i pacifisti a senso unico e i nostalgici del marxismo in servizio permanente effettivo. Allorquando l’Europa, nel giro di qualche semestre, si renderà non più ricattabile sul piano energetico e il fiume di danaro non finirà più nelle casse di Mosca in valuta pregiata, la moneta e l’economia russa andranno in default. Sarà quello il tempo della resa dei conti per il despota russo col suo popolo. In sintesi, riepilogando, oltre al caldo rovente, di questi tempi, siamo costretti a sopportare le gesta di  un elevato e di un fallito.

*già parlamentare

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