L’intervista. Victor Hugo Morales: “Il mio Diego, aquilone ribelle contro il potere”

Il radiocronista del Gol del Secolo: “Parole spontanee, con lui non ne ho mai parlato”

NAPOLI – Non ha potuto fare a meno di stare lontano dalla sua compagna di vita, la radio, neppure nella sua tre giorni napoletana. E così Victor Hugo Morales, il Poeta del Calcio, ha condotto il suo programma, Mañana, in diretta dalla sua stanza d’hotel a Corso Vittorio Emanuele. E del resto il cantore di quello incoronato dalla Fifa come “Il Gol del Secolo”, firmato da Diego Armando Maradona contro l’Inghilterra nei Mondiali 1986, ospite ieri a Quarto dell’Agorà Baiano, è un giornalista innamorato del suo lavoro. Una passione che trasuda come quella per il Pibe, anzi per il barrilete cósmico, l’aquilone cosmico, secondo quella definizione storica coniata da Morales in Messico.

Com’è nata quella definizione?

“Per caso. Il radiocronista deve accompagnare l’ascoltatore, aiutando ad immaginarlo quello che non vede. Entusiasmato per quella giocata memorabile, paragonai Diego a un aquilone, che vola non sapendo la sua direzione, ma cosmico, perchè era un Mondiale. è stata una cosa spontanea e anche un pò folle, come tutti noi radiocronisti”.

Parole che hanno fatto la storia del calcio: sembra quasi che non si possa riguardare quel gol senza la sua radiocronaca…

“Non nascondo che è un motivo di orgoglio. A volte la gente mi mostra dei tatuaggi con parole tratte da quelle frasi. E io penso a come sono stato fortunato a raccontare quella magia di Diego”.

Che rapporto aveva con Maradona?

“Lo adoravo. Come per voi a Napoli, anche per me è San Diego. Maradona è un sinonimo della grandiosità del calcio e anche se il suo corpo è morto, lui è più vivo che mai, presente”.

Ha anche lavorato con Maradona: com’era il Diego commentatore?

“Ho seguito con lui due Mondiali, Brasile 2014 e Russia 2018, abbiamo fatto 70 trasmissioni in due edizioni. Nonostante fosse Maradona e la Fifa anche da cronista lo avesse isolato, aveva un atteggiamento rispettoso e adorabile con i tecnici, le maestranze. Seguiva le loro indicazioni tecniche con grande scrupolo. Lì la mia ammirazione per il campione si è tramutata nell’ammirazione per l’uomo”.

Avete più parlato di quel gol all’Inghilterra?

“No, mai. Diego non ha mai parlato della sua grandezza in campo. Era un ribelle che ha sfidato la Fifa, denunciandone la corruzione ben prima che venisse a galla. Lui giocava per gli ultimi e sfidava il potere”.

Immaginava che potesse morire giovane? E che idea si è fatto sulla sua morte?

“La sua morte è un mistero ma non mi permetto di contraddire le inchieste giudiziarie. Certo non pensavo che stesse così male, questo sì, e ne sono stato addolorato. Però allo stesso tempo dico che Diego è vive e presente”.

A Napoli più che mai…

“Diego ha rafforzato il legame col Napoli, pensi a lui quando nomini la città e viceversa. D’altra parte l’Argentina ha un legame speciale con l’Italia e, a maggior ragione, col Napoli”.

Com’è cambiato il calcio dai tempi del Gol del Secolo?

“Sicuramente è più noioso, sono scomparsi gli uno contro uno, si è persa l’imprevedibilità. I soldicondizionano soprattutto per la disparità di mezzi ma credo che qualsiasi atleta in campo pensi a vincere e non ai soldi”.


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