L’odioso cancelliere

in foto Matteo Salvini, Luigi Di Maio

Le cronache politiche italiane di questi giorni sono piene dei soliti, ripetuti battibecchi tra leghisti e pentastellati. Un “tira e molla” che si ripete, ormai, da mesi, ogni qual volta si debbono affrontare e sciogliere taluni nodi significativi per la vita della Nazione. Tutto questo tralasciando le chiacchiere e le rinnovate promesse elettorali. Quale migliore rimedio, allora, di lasciare i litiganti al loro “teatrino della politica”? Meglio rifugiarsi nel ricordo della Storia del nostro Paese e degli uomini che seppero scriverla con capacità, onore e generale apprezzamento.
Tra qualche giorno ricorre l’anniversario della morte del grande statista Alcide De Gasperi, l’uomo che seppe far risorgere l’Italia dalle ceneri dell’ultima guerra, ricucendo gli strappi e le lacerazioni provocati da un conflitto che era stato anche civile e che nell’immediato dopoguerra, in nome di vendette assassine, non aveva ancora smesso di fare morti. Era un’Italia, quella della seconda metà degli anni Quaranta, in cui operava il più grande partito comunista d’Occidente, guidato da Palmiro Togliatti, un uomo che era fresco reduce (nonché sopravvissuto) dalla corte di Stalin e dai tribunali speciali del Comintern che pure avevano passato per le armi migliaia di comunisti europei rifugiatisi nella “patria del socialismo” per sfuggire al nazifascismo imperante. Tra questi c’erano centinaia e centinaia di combattenti della guerra civile spagnola vinta dal fascista iberico Francesco Franco, numerosi esuli portoghesi in fuga dal regime dittatoriale di Antonio Salazar e tanti fuoriusciti tedeschi ed Italiani. Di questi ultimi, in particolare, Togliatti, segretario del Comintern, ben conosceva la coerenza e la fedeltà all’ideale di “falce e martello”, come il giornalista napoletano Edmondo Peluso, più volte arrestato dalla NKVD, infine condannato e fucilato in Siberia nel marzo del 1942, oppure di Paolo Robotti, funzionario del partito comunista italiano, internato in un gulag a 320 chilometri a nord del circolo polare artico.
Tuttavia De Gasperi portò nel primo governo non solo Togliatti ,detto dai Comunisti “Il Migliore”, ma anche Pietro Nenni, capo dei socialisti, e con loro tutti i rappresentanti dei partiti politici che avevano scontato la persecuzione fascista. Uomini di primo piano come il socialdemocratico Giuseppe Saragat, gli azionisti Leo Valiani ed Ugo La Malfa, i liberali Luigi Einaudi e Benedetto Croce. Poi, quando sul Vecchio Continente iniziò ad allungarsi l’ombra oscura della “Cortina di Ferro”, De Gasperi mise alla porta tutti i rappresentanti socialisti e comunisti in nome di una più chiara “scelta atlantica” al fianco degli Usa e delle democrazie occidentali.
De Gasperi ottenne così dagli alleati americani il cosiddetto “Piano Marshall”, un programma di aiuti alimentari che sfamò gran parte della popolazione italiana, nonché l’azzeramento del debito di guerra stabilito dal Congresso per la pace di Parigi. Memorabile, in tal senso, fu il suo discorso tenuto davanti alle Nazioni unite allorquando rappresentò il suo Paese sconfitto e con dignità seppe limitare danni e sanzioni, che pure i vincitori avrebbero voluto applicare all’Italia. Risolse il problema dell’Alto Adige e di Trieste, in particolare. Territorio, quest’ultimo rivendicato dagli Iugoslavi di Tito che si erano già ripresi Fiume e tutta l’Istria. Epocale fu anche la riforma agraria e la fine del latifondo parassitario, la politica delle case popolari, il rafforzamento della Lira con la nostra moneta che si rafforzò in potere d’acquisto e stabilità.
Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, quando il Trentino faceva ancora parte dell’Impero Austro Ungarico, De Gasperi fu deputato nel parlamento di Vienna battendosi però per l’irredentismo della sua terra. Dopo la Grande Guerra, vinta dall’Italia al fianco delle potenze dell’Intesa, fu eletto nel parlamento di Roma, dove aderì al gruppo del Partito popolare italiano fondato da don Luigi Sturzo. Fu protagonista con la Democrazia Cristiana della vittoria elettorale del 18 aprile 1948 allorquando il suo “Scudocrociato” sconfisse il raggruppamento social-comunista del Fronte Democratico Popolare, determinando la definitiva scelta atlantica ed occidentale della nostra Nazione. Insomma, un gigante del pensiero e dell’azione politica della seconda metà del secolo scorso, che si staglia incontrastato nel pantheon nazionale. Togliatti per ripicca lo chiamava “l’odioso cancelliere” per ricordargli i trascorsi di parlamentare austro-ungarico, ma la sua offesa non attecchì nel cuore di tanti italiani che lo ritennero un salvatore della patria. Non c’era allora la possibilità di diffondere fake-new in rete, né di poter contrabbandare la storia politica della Nazione.

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