L’ostensione del corpo

Vincenzo D'Anna, già parlamentare

Alzi la mano chi, guardando il videomessaggio di Silvio Berlusconi, rivolto ai partecipanti alla convention organizzata da Forza Italia a Milano, non abbia provato un senso di compassionevole dispiacere, umana solidarietà innanzi a un volto disfatto dalla malattia e dalle sofferenze della lunga degenza. Come non lasciarsi prendere da tristezza e amarezza innanzi a un volto che, pur truccato pesantemente, non lasciava trasparire messaggi rassicuranti. La mente è andata subito al passato, al paragone irriverente con quello che il Cavaliere era negli anni del fulgore psicofisico e quello che è apparso oggi sui teleschermi. Un confronto improponibile con gli anni nei quali quella figura appariva volitiva e propositiva, sorridente e determinata, dotata di un eloquio fluido, tipico dell’affabulatore, pronto ad ispirare speranza e fiducia nel futuro. Erano quelli i tempi del sogno colorato di azzurro, che veniva sapientemente instillato, in chi ascoltava, da un imprenditore di successo che si riprometteva di innovare sia il metodo politico che la struttura dello Stato. Il Belpaese era uscito da poco da quella grande e ignominiosa pagina determinata dall’indagine del pool di “Mani Pulite” che aveva scoperchiato la pentola del finanziamento occulto e illecito a quasi tutti i partiti, certamente a quelli più grandi sia di governo che di opposizione. La svolta che ne conseguì fu radicale e l’intero sistema partitocratico, che aveva caratterizzato la politica dal dopoguerra in poi, venne spazzato via con tutti i protagonisti della cosiddetta Prima Repubblica. In seguito scoprimmo che quel vuoto era stato occupato da un altro potere: quello irresponsabile ed intangibile della magistratura. Il Parlamento, al contempo, si era praticamente evirato, disarmandosi con la cancellazione delle guarentigie costituzionali previste per i parlamentari. Questi, rimasti indifesi, finirono spesso preda delle scorribande del potere togato che aveva mantenuto, se non rinforzato, le proprie garanzie. Un potere, quello delle Procure, che non discendeva dalle scelte democratiche, per il tramite del libero voto espresso dai cittadini, si era ulteriormente giovato dall’alone di incondizionata fiducia e di solidarietà conferito dal popolo all’opera moralizzatrice dei giudici. La Storia della politica nazionale avrebbe poi disvelato quanta compromissione politica e faziosità ideologica aveva orientato l’azione delle procure. Ebbene, in questo clima da basso impero e di intrallazzi venuti a galla, seppe inserirsi il fondatore di Forza Italia, come l’uomo nuovo mandato dalla provvidenza. Si dischiusero nuovi e vasti spazi di praticabilità politica e una nuova classe dirigente assurse al comando della nazione. Silvio Berlusconi ottenne risultati e consensi elettorali impensabili, finendo per sbaragliare il campo di non pochi pretendenti. Soprattutto quanti, pur provenendo dalla prima repubblica, erano stati graziati dallo strabismo degli inquirenti, come, ad esempio, gli ex comunisti confluiti nella “gioiosa macchina da guerra” guidata dall’allora segretario Achille Occhetto. In quel tempo il Cavaliere si era circondato di un qualificato gruppo di intellettuali liberali, filosofi, economisti, scrittori e politologi, che avrebbero realizzato il più bel programma riformatore di stampo liberal liberista che la Repubblica avesse mai visto fino a quel momento. Furono innovate le tecniche propagandistiche e le modalità per interloquire con la gente, con scelte di marketing mutuate dalla pubblicità commerciale e dall’uso avveduto dei mass media. Prima deriso, poi criticato e infine copiato da tutti, Berlusconi sbaragliò la concorrenza restando a Palazzo Chigi diversi anni di seguito. Non potendo o sapendo arginare quel fenomeno politico elettorale che finì col rappresentare la maggioranza relativa degli italiani, l’opposizione iniziò allora una guerra senza quartiere contro il “tycoon” milanese. Uno scontro senza esclusione di colpi che arrivò a travalicare ogni precedente regola o prassi politica e parlamentare. Come sia finita, dopo circa vent’anni, la parabola di Silvio è storia recente: le teste d’uovo che avevano formato l’originaria “cabina di regina” del movimento azzurro sono state, via via, sostituite con quelle di legno dei lodatori e dei cortigiani che, un po’ alla volta, hanno trasformato una guida illuminata in una sorta di satrapia. Più che la promessa rivoluzione liberale, il leader azzurro ha dato corpo ad un circolo esoterico che, grazie al comportamento disinvolto del suo stesso capo e agli scandali dell’alcova, ha perso ogni credibilità e consenso. Il giudizio complessivo su questo protagonista, discusso quanto geniale, della seconda (ma anche della terza) repubblica, lo definiranno gli storici quando i clamori delle cronache si saranno esauriti. Tuttavia, narrazione politica a parte, occorrerebbe che i pochi rimasti alla sua corte, incapaci e disabituati a muoversi in autonomia di pensiero e di azione, evitassero di esorcizzare la propria inadeguatezza ostantando il corpo del loro leader solo per darsi coraggio! Quell’uomo, infatti, merita ancor più rispetto che in passato. Sissignore, ora che appare vecchio e stanco, non deve essere né usato né illuso. Ne ha tutto il diritto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome