Tremila anni di storia custoditi nel Museo Campano

Trentadue sale di esposizione, venti di deposito, tre cortili di cui uno coperto, un giardino bellissimo. E' un tesoro che il mondo c'invidia.

CAPUA – Trentadue sale di esposizione, venti di deposito, tre cortili di cui uno coperto, un giardino bellissimo. E un tesoro che il mondo intero, non la Campania o l’Italia o l’Europa, ci invidia. Tutto questo è il Museo Campano di Capua, “il più significativo della civiltà italica della Campania” per dirla con le parole dell’archeologo Amedeo Maiuri. Visitato da 17mila visitatori l’anno, frequentato giornalmente da studiosi e studenti che usufruiscono della monumentale biblioteca, conserva tremila anni di storia di un territorio che ha visto avvicendarsi Osci, Etruschi, Sanniti, Romani, Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli.

Le Matres Matutae

Tra le mura di Palazzo Antignano aleggiano gli spiriti di Spartaco, Annibale, Pandolfo Capodiferro e Pier della Vigna, Cesare Borgia ed Ettore Fieramosca. Ma a vegliare sulle mille anime del Museo ci sono loro, le Madri: grandi statue in tufo, con le braccia piene di bambini, ex voto che dal VI al II secolo a.C le donne offrivano alla dea Mater Matuta come ringraziamento del sommo bene della fecondità. Le “madri” del Museo di Capua formano un complesso unico nel suo genere ed un raro documento in Campania di scultura pre-imperiale e danno l’idea dell’unità dell’arte fiorita sul suolo dell’Italia antica con carattere di forte realismo, con una costante tendenza ad esprimere più il carattere, il contenuto e la destinazione dell’opera che non a privilegiare i suoi aspetti stilistici formali. Esse costituiscono non solo la più singolare stipe sacra che sia mai emersa dai depositi di un santuario italico ma un complesso di produzione scultorea unico, in senso assoluto in tutta la Penisola. Basterebbe questo, per motivare una visita al Museo Campano, eppure c’è anche molto altro.

Il patrimonio custodito

Sarcofagi figurativi di epoca tardo-romana, mosaici, vasi e bronzi, collezioni di monete e terracotte architettoniche, per limitarci al reparto archeologico. Il reparto Medievale, invece, ospita marmi, capitelli e pilastrini, sculture federiciane e rinascimentali, iscrizioni longobarde, angioine e aragonesi, stemmi e ceramiche. Non manca una Pinacoteca, che conserva opere dal XIII al XVIII secolo, e una Biblioteca che, per il numero dei volumi a stampa e dei manoscritti, pergamene, carte geografiche e stampe che contiene, è la più importante di Terra di Lavoro. A concludere il ‘giro’, la sala Uccella-Martucci, dedicata a due delle più importanti personalità culturali della provincia di Caserta: il compositore capuano Giuseppe Martucci e lo scultore di Santa Maria Capua Vetere Raffaele Uccella. Documenti, cimeli e opere di entrambi rappresentano il valore aggiunto in un Museo che punta tutto sull’archeologia.

Le attività ‘non contemplative’

Ma il Museo campano non è solo visita e contemplazione del bello: gli spazi di Palazzo Antignano sono fruibili per manifestazioni, convegni, concerti, laboratori, persino eventi privati, sempre nel massimo rispetto dell’immenso patrimonio che rappresenta e che contiene. La Provincia di Caserta, che ne è proprietaria, ha da tempo aperto alle partnership con il pubblico (scuole, Università, Chiesa) e con il privato per rendere vivo e vivibile uno spazio che ha enormi potenzialità. “Il Museo Campano è il fiore all’occhiello della nostra terra e noi abbiamo una enorme e doppia responsabilità – spiega il presidente della Provincia di Caserta Giorgio Magliocca – Conservarlo al meglio, affinché il materiale che contiene e che ci invidia tutto il mondo sia valorizzato e conosciuto, e aprirlo alla gente: l’arte perde valore se non è condivisa, vissuta, fruita. Un bene pubblico diventa autonomamente privato se non si ha la possibilità di renderlo accessibile al maggior numero di persone. E’ questa la sfida che abbiamo lanciato e che cerchiamo di onorare tutti i giorni”.

La gestione della Provincia

Con abnegazione e spirito di sacrificio: il Museo Campano vive grazie a sette dipendenti della Provincia che lo tengono aperto al pubblico, dal martedì alla domenica, e che lo gestiscono come una famiglia fa con la propria casa. Anche spolverando teche e vetrine se ce n’è bisogno. Ogni tanto, chissà come e chissà perché, salta fuori qualcuno che urla “Il Museo Campano sta per chiudere”, “Il Museo Campano sta per morire”: nulla di più falso. Il Museo Campano vive e gode di ottima salute. Con gli ‘acciacchi’ tipici di ogni luogo di cultura, che ancora, in un Paese come l’Italia, ha bisogno di una ‘spinta’ per poter veleggiare.

La sfida del Consiglio d’amministrazione

A reggere il timone c’è un consiglio d’amministrazione, recentemente ricostituito, nel quale siede, oltre a Magliocca, Luigi De Cristofaro come consigliere e Francesco Di Cecio come presidente. Quest’ultimo, architetto, già al vertice dell’Archeoclub, una vita dedicata all’arte e alla cultura, ha in mente grandi progetti per il ‘suo’ Museo Campano. “Le nostre collezioni hanno da sempre suscitato l’interesse di studiosi, università e riviste specializzate, che quotidianamente sono qui con noi per le loro ricerche – racconta – Per il grande pubblico, anche Alberto Angela ci ha fatto più volte visita e siamo in contatto per iniziative future. Ciò che mi preme sottolineare è che mi auguro che il nostro tesoro, già apprezzato all’estero e fuori regione, sia ugualmente apprezzato da chi vive a pochi passi da qui, dai campani: è la nostra storia, la nostra vita, che è conservata tra queste mura”.

 

LA STORIA DEL MUSEO CAMPANO INIZIA NEL 1870 (focus a cura di Caterina Clemente)

CAPUA – Il Museo Provinciale Campano di Capua è nato nel lontano 1870, fondato dal Canonico Gabriele Iannelli. L’inaugurazione vera e propria, che ha sancito l’apertura delle porte al pubblico, è avvenuta però quattro anni dopo, nel 1874. La necessità di istituire un museo è stata messa sul tavolo dalla “Commissione per la Conservazione dei Monumenti ed Oggetti di Antichità e Belle Arti nella provincia di Terra di lavoro”. Era troppo, infatti, il materiale archeologicamente rilevante della zona che, custodito in maniera poco adeguata, sarebbe andato in rovina. Capua è stata scelta, quindi, come dimora di un vasto patrimonio archeologico, artistico, storico e librario. Da allora questi tesori risiedono nel palazzo Antignano, risalente al IX secolo, che vanta la presenza di un portale durazzesco-catalano in cui sono incastonati gli stemmi degli Antignano e d’Alagno.

I bombardamenti e la ricostruzione

Tuttavia nel 1943 la città ha subìto un bombardamento e la struttura è stata completamente distrutta. La sua ricostruzione ha richiesto molto tempo: i lavori sono stati ultimati nel 1956. Nuove opere di ristrutturazione sono avvenute in tempi più recenti: per la riapertura, nel 2012, arrivò il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Un contesto così ricco, culturalmente parlando e non solo, richiede, ovviamente, un costante impegno, sia dal punto di vista gestionale che economico. Lo sa bene il delegato per il Museo Campano e le Biblioteche, Luigi De Cristofaro: “Nonostante l’esiguità dei fondi che arrivano dalla Regione Campania, non ci arrenderemo e batteremo tutte le strade possibili per potenziare e migliorare il Museo”.

I finanziamenti pubblici

Sulla questione ‘finanziamenti’ è stato chiaro: “E’ normale che non si possano togliere i fondi all’edilizia scolastica e alla viabilità per destinarli alla cultura, ma continueremo a stimolare la regione per un aumento di budget. Nel frattempo stiamo prendendo in considerazione anche il coinvolgimento dei privati. Ciò che non mi spiego, però, è come sia possibile che a musei dell’avellinese e del beneventano, molto più piccoli e meno forniti del nostro, siano stati elargiti fondi di gran lunga superiori. Parliamo di cifre che si attestano sugli 800/900 mila euro annui rispetto ai nostri 235/240 mila. Nonostante tutto – ha concluso il consigliere – siamo sempre molto impegnati nella promozione dei reperti che ospitiamo. La settimana scorsa una serie di pannelli raffiguranti le ‘Madri’ è stata esposta alla fiera di Rimini”.

 

 

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